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Le rivoluzioni (tecnologiche e non solo) sono periodi di discontinuità, accelerazioni della storia e della società. È quello che è successo nei mesi del lockdown: obblighi ed esigenze hanno spinto soluzioni digitali già disponibili ma mai adottate in modo massivo. Se la fase più acuta dell'emergenza è passata, alcune abitudini sono rimaste. E sono destinate a consolidarsi. Ecco quali.
Da un giorno all'altro, insegnati e studenti hanno abbandonato i banchi per sedersi davanti a un pc. Tutti hanno dovuto fare i conti con differenze di connettività e dotazione di dispositivi: secondo l'Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, il 90% delle scuole che avevano già sperimentato strumenti digitali hanno avviato la didattica da remoto in meno di una settimana. Per gli altri istituti la quota scende al 58%. Adesso che si ritorna tra i banchi, la didattica a distanza non è più un obbligo. Ma resta un'opzione per situazioni di emergenza. E non solo: i metodi adottati durante il lockdown hanno permesso di comprendere che gli strumenti digitali possono migliorare l'apprendimento. Anche in classe.
I pagamenti elettronici (e in particolare quelli contactless) hanno avuto un incremento sia durante il lockdown che alla sua conclusione. La loro efficacia, che accompagna altre tendenze di questo elenco come l'e-commerce, si affianca alle esigenze sanitarie: pagare con smartphone o carte che non obbligano a digitare sul Pos limitano i rischi di contagio. Secondo un'elaborazione del Sole24Ore, “nei giorni di massima emergenza sanitaria, la percentuale di spesa pagata con carte di credito, debito o fedeltà è passata dal 57% del dato medio 2019 al 68%. Un balzo di 11 punti, paragonabile a quello misurato tra il 2011 e il 2019”.
Nel giro di poche settimane, le aziende hanno dovuto scegliere: chiusura o continuità operativa tramite smart working? Risposta scontata: molte imprese sono così state forzate ad adottare il lavoro agile. Ancora una volta, l'emergenza non è la soluzione, ma – al netto di errori e improvvisazione – ha permesso di capire che lavorare da casa non vuol dire lavorare meno. Le riunioni si sono spostate su piattaforme online e la produttività non è calata. Tutt'altro. Alcuni lavoratori preferiscono l'ufficio, altri casa propria. Ma il punto è un altro: il lockdown ha fatto capire che si può. Le imprese, in prospettiva, risparmiano sui costi. I lavoratori hanno maggiore autonomia.
Costretti in casa e condizionati dalla paura del contagio, in molti hanno preferito l'e-commerce. Un dato parla più di tutti: solo in Italia si sono registrati 2 milioni di nuovi consumatori durante i primi mesi del 2020. E il settore crescerà del 55% a fine anno. Gli acquisti non sono solo aumentati ma si sono anche diversificati. Ai classici articoli comprati sulle grandi piattaforme si sono affiancati cibo e prodotti per la casa: in pratica, la spesa quotidiana ordinata online anche dal supermercato o dal panettiere. A questo si aggiunge l'esplosione del food delivery: le consegna a domicilio sono ormai una consuetudine.
Durante il lockdown, gli operatori di rete hanno retto a un aumento del traffico che di solito si registra in un anno (e non in pochi giorni). Da cosa è dipeso? Lo smart working ha pesato solo in minima parte, come conferma il fatto che le ore di massima pressione sono state quelle serali. A consumare banda è stato l'intrattenimento in streaming e – ancor di più – i videogiochi online. L'arrivo del 5G, che nei prossimi mesi uscirà progressivamente dalla nicchia, non potrà fare altro che incrementare il loro utilizzo.
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