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Evoluzione molto negativa sui mercati finanziari, che chiudono settembre con indici USA che arretrano di quasi 10 punti percentuali e registrano perdite tra il 20% e il 25% in media da inizio anno. Non va meglio sul reddito fisso, con rendimenti sul bund tedesco sopra il 2%, BTP decennale vicino al 5% e treasure a dieci anni quasi al 4%. Da inizio anno, gli indici obbligazionari registrano anch’essi perdite spesso oltre i 15 punti percentuali. Le strategie risk parity, ossia quelle che danno lo stesso peso ai fattori di rischio azionari e obbligazionari, registrano i peggiori ritorni annuali osservati nell’arco degli ultimi cent’anni, ad eccezione di un paio di circostanze negli anni ’30 e ’70. L’ultimo crash sui bond a settembre ha coinvolto soprattutto la parte lunga e ha avuto epicentro in Gran Bretagna, dove ci sono state fortissime vendite da parte dei fondi pensione per far fronte a margin call. La Bank of England è stata costretta a intervenire per mantenere la stabilità finanziaria e il governo ha fatto parziale retromarcia rispetto al piano fiscale annunciato a metà settembre.
L’evoluzione in ambito macro registra una continua solidità del mercato del lavoro, come testimoniato dai dati di inizio ottobre, con nuovi impieghi tra i 250.000 e i 300.000 posti di lavoro creati e crescita media dei salari intorno al 5%. In questa fase, però, la reazione dei mercati è contraria, ossia bad news is good news: dati forti inducono a pensare che la FED vada avanti ancora più speditamente rispetto a quanto fatto fino ad ora. La FED ha ribadito che proseguirà la politica di rialzi fino a che l'inflazione non tornerà stabilmente verso il target del 2%. I dati sull’inflazione continueranno pertanto a essere cruciali per il mercato.
Negli USA la componente energia sta rientrando dopo la correzione dei prezzi del petrolio. Trend similari sulla componente beni, dove i colli di bottiglia stanno migliorando. Permangono invece i problemi sulla componente servizi, dove salari e inflazione d’affitti delle case sono ancora elevati. Nei prossimi mesi, o al massimo trimestri, la componente immobiliare è destinata a rientrare, anche considerati i tassi fissi sui mutui a 30 anni prossimi al 7%.
La nostra lettura sull’inflazione è che siamo nelle fasi finali di questa tempesta perfetta sulle obbligazioni, anche perché i mercati monetari già proiettano dei tassi a breve sopra il 4,5% entro la fine del prossimo inverno. L’intera curva reale, quindi depurata dalle aspettative di inflazione, è in territorio ampiamente positivo, con i bond decennali che hanno rendimenti reali sopra l’1,6%. Stiamo incrementando, quindi, la duration sui nostri portafogli a partire dalla parte lunga. Crediamo che la determinazione e la credibilità della FED, testimoniata dal fatto che le aspettative di inflazione sono rimaste ancorate nonostante un’inflazione realizzata sopra l’8%, possano mantenere i rendimenti più stabili sulla parte lunga. In Europa è evidente il rischio geopolitico e ci limitiamo ad interventi su bond con scadenze intorno a 5 anni. Il compito della BCE è complicato dal conflitto fra obiettivo di inflazione e rischi sullo spread. Su BTP pensiamo che l’area di intervento potrebbe essere intorno ai 300 basis point, anche alla luce dei rischi macroeconomici rappresentati dalla crisi energetica. Sull’azionario non siamo ancora compratori. Le valutazioni sono migliorate, soprattutto tramite il derating del rapporto prezzo su utili.
Il posizionamento istituzionale continua ad essere molto scarico e i livelli di sentiment sono estremamente negativi, come ad esempio guardando la survey Bull-Bear index. Tuttavia, il livello degli utili non sconta ancora completamente livelli recessivi. Sta per iniziare una nuova stagione degli utili e nelle ultime settimane le aspettative sono scese ragionevolmente rispetto a un’evoluzione macro più difficile in confronto al trimestre precedente. Gli utili delle imprese sono ancora ampiamente sopra il trend di lungo periodo e sono pertanto a rischio.
Sebbene le valutazioni di alcune parti del mercato presentino valutazioni interessanti e tornate a livello pre-COVID, manteniamo un atteggiamento cauto alla luce dei messaggi che giungono dalla FED. Fintanto che non avremo sconfitto l’inflazione troppo elevata, la FED non permetterà un rilassamento delle condizioni finanziarie. Si tratta di un movimento doloroso per mercati finanziari ed economia, ma volto a conservare le condizioni di credibilità nel sistema finanziario che hanno permesso grandi soddisfazioni degli investitori nell’ultimo decennio.
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