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Archiviamo, quindi, un anno più che soddisfacente, con azioni mondiali in salita di oltre 20 punti percentuali e obbligazioni in recupero di circa 5 punti percentuali. All'interno dei vari mercati, come spesso accade, si sono viste differenze vistose. Ma quali sono stati i motivi di queste ottime performance e, soprattutto, si potranno riproporre gli stessi temi per il 2024?
La grande sorpresa dell'anno appena passato è stata senza dubbio la discesa dell'inflazione, convincente in quanto più rapida e meno dolorosa rispetto alle attese. Ad esempio, negli Stati Uniti, l'inflazione misurata secondo la metrica preferita dalla Federal Reserve, il deflatore della spesa per consumi, è tornata sotto il 2% nel corso degli ultimi sei mesi, pienamente in linea con l'obiettivo della Banca Centrale. Anche in area euro abbiamo visto una dinamica simile, mentre in Asia l’inflazione non è mai stata un grosso problema.
La vera sorpresa del 2023 è che questo sentiero di normalizzazione sia avvenuto senza sacrifici sulla crescita, soprattutto negli Stati Uniti, dove la crescita si è addirittura attestata poco sopra al potenziale. In termini economici, questo si spiega con la normalizzazione l'offerta aggregata su tre macro-direttrici: il mercato dei beni, il mercato dei servizi e il mercato delle materie prime. Dopo la paralisi delle fabbriche del 2021 e gli ingorghi del 2022, nel 2023 le filiere di produzione e logistica dei beni sono tornate a funzionare correttamente come in epoca pre-COVID. Sul mercato dei servizi, tipicamente ad alta intensità di lavoro, abbiamo assistito ad un deciso aumento della partecipazione alla forza lavoro, soprattutto – ancora una volta – negli Stati Uniti. Sul mercato delle materie prime, infine, nonostante uno scenario geopolitico tutt'altro che favorevole tra guerra Russia-Ucraina e tensioni in Medio Oriente, abbiamo visto un generale calo delle quotazioni. Sul petrolio, questo è stato favorito da produttori sempre più rilevanti come Stati Uniti, Brasile e molti altri. Detto in termini spicci, i meccanismi di funzionamento dell'economia globale si sono aggiustati dopo gli shock pandemici e geopolitici.
Il ruolo delle Banche Centrali, in tutto questo, è stato decisivo sul mantenimento delle aspettative di inflazione sotto controllo, probabilmente importante nell'accompagnare la normalizzazione sul lato dell'offerta, forse non determinante ai fini del contributo della riduzione della domanda aggregata.
L’aggiustamento delle economie ha portato con sé l'aggiustamento dei mercati finanziari nella loro direzionalità, ma non ancora nella combinazione tra attivi rischiosi ed attivi sicuri. Come abbiamo capito, la narrativa degli ultimi mesi è stata ancora dominata dall'inflazione, stavolta in senso costruttivo. I corsi di azione e obbligazioni sono saliti all'unisono, confortati dall'inversione dei toni delle Banche Centrali nei mesi autunnali. Guardando avanti, è giusto chiedersi se questo paradigma possa tenere ancora per il 2024: diverse sono le combinazioni possibili, ma è lecito ipotizzare che non ci saranno grandi movimenti dell'inflazione come quelli appena visti dallo zero al 10% e ritorno. Il quesito rilevante diventa piuttosto su quanto potrà accadere sulla crescita.
In effetti, non è nemmeno ipotizzabile il rivedere i contributi positivi alla crescita del contro shock di offerta discusso poco fa; le dinamiche potranno continuare ma per i mercati questa non sarà più una sorpresa attiva. Lo scenario prevalente, desumibile dalle previsioni di banchieri centrali, fondo monetario internazionale ed osservatori privati, è quello del soft landing, che è anche lo scenario pienamente prezzato dai mercati finanziari. Da cosa potrebbero nascere i dubbi attorno a questo scenario? Innanzitutto, il rischio geopolitico dominerà il 2024, con elezioni importanti che culmineranno con quelle americane di novembre. Dal lato crescita non è ancora evidente se abbiamo visto pienamente gli effetti della gigantesca restrizione monetaria dei trimestri passati. Non è del tutto chiaro, inoltre, lo stato dell'attività industriale, soprattutto nei paesi sviluppati: dopo il boom dei servizi con le riaperture, era lecito attendersi una ripresa della manifattura che però stenta a vedersi. Ci sono zone di debolezza già vicine a dinamiche recessive, come l'Europa, o di difficile lettura, come la Cina.
Di fronte a dati poco convincenti, i mercati potrebbero riconsiderare la probabilità di recessione, con perdite consistenti sulle borse. Questo è un problema gestibile dato che in questo caso queste perdite sarebbero accompagnate da guadagni importanti sui bond governativi, con un ritorno ad una correlazione più normale rispetto al 2022/2023. Questo ci sembra in effetti lo scenario che potrebbe sorprendere in negativo rispetto all'ottimismo con cui abbiamo chiuso l'anno, ma, se l'analisi proposta è corretta, per il tipico portafoglio del risparmiatore esiste una soluzione anche di fronte al verificarsi di questo quadro meno favorevole.
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