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La guerra in Ucraina ha riportato al centro della discussione pubblica e dell'agenda di governo la questione dell'approvvigionamento energetico, in particolare per quanto riguarda il gas. Secondo i dati del Ministero della Transizione Ecologica, arriva dall'estero oltre il 95% del gas utilizzato dalle famiglie e dalle imprese in Italia. Come per molti altri Paesi europei, una quota rilevante arriva dalla Russia. Qualcosa però sta cambiando.
Nel 2021, l'Italia ha importato 72.728 miliardi di metri cubi di gas naturale. Quasi il 40% è arrivato dalla Russia. L'unico Paese con un volume paragonabile è l'Algeria, con una quota del 31% (aumenta in modo consistente rispetto agli anni precedenti). Molto più contenute sono le importazioni da Azerbaijan (sfiorano il 10%), Qatar (poco più del 9%), Libia (4,4%) e Norvegia (2,6%). Con percentuali ancora minori partecipano al mix anche Stati Uniti, Nigeria, Paesi Bassi, Gran Bretagna. Egitto, Francia, Spagna e Croazia.
Dopo l'attacco della Russia all'Ucraina, gli equilibri stanno cambiando, con l'Italia impegnata a sganciarsi dalla dipendenza che la lega a Mosca. Secondo l'Ispi, che ha elaborato dati di Snam, dal momento dell'invasione, il Paese che fornisce più gas all'Italia è diventato l'Algeria, mentre l'apporto russo si è praticamente dimezzato.
Il gas arriva in Italia in due modi: con le navi e via gasdotti. Nel primo caso, viene trasportato sotto forma di Gas Naturale Liquefatto (GNL), che una volta approdato nel nostro Paese viene rigassificato negli impianti di Panigaglia (La Spezia), Livorno e Rovigo. Le importazioni di GNL, provenienti soprattutto dal Qatar, hanno avuto un'accelerazione negli ultimi mesi.
Il grosso però arriva dai gasdotti. Le infrastrutture che trasportano il gas dalla Russia in Italia (passando anche dall'Ucraina) sono il Urengoy-Pomary-Uzhgorod, il Transgas e, negli ultimi centinaia di chilometri per varcare il confine in Friuli Venezia Giulia, il Tag.
Anche per far arrivare il gas dall'Azerbaijan è necessaria una rete di gasdotti: il Scp (fino in Turchia), il Tanap (verso la Grecia) e il Tap, che arriva in Puglia. Dall'Algeria, il gas viaggia all'interno di Transmed, mentre dalla Libia tramite Greenstream. In entrambi i casi, l'approdo su territorio italiano è la Sicilia. Il gasdotto che lega Italia (in Piemonte) al Nord Europa è invece il Transitgas.
La Russia ha risposto alle sanzioni occidentali con un taglio delle forniture di gas in 12 Paesi UE (Italia compresa). È chiaro che la magnitudine dell'impatto deriva da quanto ogni singolo Stato abbia contato su Mosca. Nel 2021 l'UE ha importato il 45% del gas dalla Russia. In alcuni Paesi (come Lettonia e Finlandia) la quota supera il 90%. Molto esposte sono anche la Bulgaria e, tra le maggiori economie dell'UE, la Germania e l'Italia.
La reazione comporta, di fondo, due strade. La prima – già imboccata da diversi governi - è trovare nuove fonti di approvvigionamento oltre la Russia. Si tratta di una misura strutturale, più efficace nel lungo periodo e che indebolisce il potere negoziale di Mosca. Ha però bisogno di tempo, prima per siglare accordi con altri Stati ed eventualmente per ampliare la porta delle infrastrutture disponibili o costruirne delle altre.
La seconda strada è una soluzione d'emergenza, che può essere applicata nell'immediato: un razionamento dei consumi. Il 26 luglio gli Stati membri dell'UE si sono impegnati per ridurre la domanda di gas naturale del 15% nel prossimo inverno. L'obiettivo – ha spiegato l'Unione europea – è “realizzare risparmi per prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia”.
Le misure possono essere messe in campo dal primo agosto al 2022 al 31 marzo 2023. Ogni Stato potrà scegliere liberamente come raggiungere l'obiettivo e, in alcuni casi, potrà richiedere una deroga. Restare a corto di gas è quindi un rischio concreto, sottolineato anche dalle parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: “Dato che la Russia ha già completamente o parzialmente tagliato le forniture di gas a 12 Paesi membri dell'UE, dobbiamo prepararci al peggio”.
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