Mentre il mondo è in corsa per tagliare le emissioni di gas serra, l’impronta di carbonio dell’industria idrica si sta muovendo nella direzione opposta. La ragione è dovuta al fatto che la priorità in questo momento è garantire l’accesso in tutto il mondo ad acqua potabile e fognature sicure, il che comporta l’installazione di nuove infrastrutture e un migliore trattamento di acqua e acque reflue. Ovviamente, le emissioni totali cresceranno, per cui la sfida è limitarne il più possibile l’aumento.
Oggi, l’industria idrica e fognaria genera circa 1.55 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra all’anno (circa il 3% delle emissioni globali). Eppure, una persona su quattro non ha accesso all’acqua potabile e il 46% della popolazione mondiale non ha accesso a servizi igienici sicuri1. L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’ONU numero 6 spera di colmare questo divario, puntando a un accesso universale ad acqua potabile e servizi igienico-sanitari.
Secondo una ricerca condotta da un membro del Comitato di Consulenza di Pictet-Water, a meno che l’industria idrica non migliori la propria efficienza, per raggiungere questi obiettivi ambiziosi la sua impronta di carbonio raddoppierà entro il 2050, raggiungendo i 2,82 miliardi di tonnellate.
Tuttavia, secondo la stessa ricerca, si potrebbero risparmiare circa 200 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 all'anno decarbonizzando la gestione delle risorse idriche. Ciò potrebbe includere una migliore gestione della pressione dell'acqua, nonché il monitoraggio (e la riparazione) di eventuali perdite.
Pompare dell'acqua da A a B contribuisce in modo determinante alle emissioni di gas serra del settore idrico. Attualmente, appena il 10% delle pompe funziona correttamente: alcune devono essere sostituite del tutto, altre devono essere ottimizzate (ad esempio regolando la pressione o cambiando la posizione della pompa). Tuttavia, tali modifiche sarebbero costose e potrebbero causare interruzioni temporanee della fornitura.
Un altro problema è lo stato attuale delle infrastrutture. Il settore idrico è molto disomogeneo e utilizza gli stessi modelli di distribuzione di un secolo fa. L'efficienza potrebbe essere migliorata con una struttura più centralizzata, aiutata dal consolidamento del settore.
C'è poi da considerare la quantità di acqua che viene utilizzata. A livello industriale, sono stati compiuti molti progressi nel ridurre l’impiego di acqua e nell'aumentare l'efficienza mentre l'agricoltura e il settore agricolo, hanno ancora molta strada da percorrere. A livello domestico, i contatori d'acqua si sono dimostrati invece alquanto efficaci.
L'industria idrica potrebbe ridurre ulteriormente la propria impronta ambientale se riuscisse a trovare un modo per decarbonizzare il settore fognario (o delle acque reflue); ad esempio, potrebbe ottenere un'impronta di carbonio negativa trasformando i fanghi in energia pulita.
Ciò implica catturare il metano rilasciato durante il processo di digestione anaerobica e trasformarlo in calore ed elettricità. Per gli impianti di trattamento delle acque reflue, questo approccio non solo riduce le emissioni e migliora le credenziali ecologiche, ma può anche creare un nuovo flusso di entrate, grazie alla possibilità di vendere alla rete locale l'energia rinnovabile prodotta o di utilizzarla in loco per ridurre le bollette.
Inoltre, l'acqua può essere separata dai fanghi e riutilizzata come alternativa più economica alla desalinizzazione.
Nel complesso, l'analisi del Comitato di Consulenza di Pictet-Water mostra che la decarbonizzazione del settore delle acque reflue e il suo sfruttamento per la produzione di energia rinnovabile, potrebbe far risparmiare 2 miliardi di tonnellate di emissioni all'anno entro il 2050.
Infine, ultima ma non per importanza, c'è la gestione dei rifiuti solidi. Sebbene questo settore non sia direttamente collegato a quello idrico, include spesso le stesse aziende. Le discariche incontrollate sono una delle principali fonti di contaminazione delle acque sotterranee. Una gestione efficiente dei rifiuti solidi è, quindi, fondamentale per preservare il ciclo dell'acqua. Tra le due principali fonti di emissioni di gas serra troviamo i camion utilizzati per la raccolta dei rifiuti e i gas generati dalle discariche (sia dalla digestione microbica che dalle attrezzature meccaniche).
Il passaggio ai veicoli elettrici potrebbe essere una parte della soluzione, a patto che l'elettricità provenga da fonti rinnovabili. Anche i veicoli alimentati a gas naturale compresso o liquefatto (CNG/LNG) stanno guadagnando popolarità, in particolare negli Stati Uniti, dove rappresentano già il 12% della flotta adibita alla raccolta dei rifiuti, una quota destinata a crescere con la sostituzione dei vecchi camion. Anche se non sono completamente ecologici, la loro intensità di carbonio è dimezzata rispetto agli equivalenti diesel, segnando un passo significativo nella giusta direzione. I camion a idrogeno sono un'altra possibilità, ma sono ancora in fase di sviluppo, con un progetto pilota in corso nel Nord Europa.
Per quanto riguarda le discariche, esiste un problema legato al metano prodotto durante la digestione anaerobica dei rifiuti organici, particolarmente grave negli Stati Uniti dove spesso i rifiuti organici non vengono separati per il compostaggio e finiscono in discarica.
Più il processo è rapido ed efficiente, minore è la quantità di gas che viene rilasciata. Tradizionalmente, i modelli commerciali delle discariche si concentravano solo sul contenimento dei rifiuti, non c'era alcun incentivo a ottimizzare il processo di digestione. La situazione, però, sta finalmente cambiando.
Le condizioni ottimali sono un’umidità elevata, temperature calde di circa 37°C e un ambiente non acido (con pH superiore a 7). Non è però così semplice, dato che aumentare il livello di umidità può rendere i rifiuti instabili, aumentando i rischi per la sicurezza. Questo problema può essere parzialmente superato aggiungendo il cippato, anche se comporta costi aggiuntivi e l'utilizzo di ulteriori risorse, che hanno la loro impronta ambientale.
Si tenga invece in considerazione che il metano prodotto dalle discariche può essere raccolto. Il problema è cosa farne. Le ultime iniziative propongono di utilizzare il gas raccolto per la produzione di elettricità e calore, seguendo un processo simile a quello sviluppato per le acque reflue.
Potenzialmente ancora più rivoluzionari sono i progetti che propongono di utilizzare le discariche come depositi di carbonio. Solo negli Stati Uniti, ci sono circa 1.400 buche nel terreno che potrebbero essere sfruttate per lo stoccaggio del carbonio. L'idea è quella di rimuovere il carbonio dall'aria utilizzando sistemi di filtraggio, per poi “catturarlo” (o intrappolarlo) in maniera definitiva. La tecnologia più recente, sviluppata da aziende come Climeworks AG, sta rendendo il processo più accessibile e più conveniente.
La crescente attenzione dei governi e dei consumatori per la tutela dell'ambiente apre le porte alle innovazioni che mirano a ridurre l'impronta di carbonio, rendendo i modelli di business “a misura di futuro”. Le aziende che abbracciano maggiore efficienza e pratiche più ecologiche sono destinate a prosperare nel medio termine e il settore idrico e fognario non fa eccezione. Per questi settori, infatti, sta diventando di primaria importanza ottimizzare la propria impronta ambientale, dato l'aumento della fornitura di servizi idrici e fognari in tutto il mondo.
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