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Viviamo in una nuova era geologica, ma manca ancora l’ufficialità. L’uomo ha abbandonato l’Olocene, periodo iniziato circa 11mila anni fa, ed è entrato nell’Antropocene, come hanno confermato 35 scienziati riunitisi ad agosto in Sudafrica durante l’ultimo Congresso Geologico Internazionale. Ora siamo in attesa che l’Unione Internazionale delle Scienze Geologiche confermi questa nuova era. L’Antropocene, come dice il nome stesso coniato nel 2000 dal chimico e premio Nobel olandese Paul Crutzen, è l’era dell’uomo, quel periodo in cui gli esseri umani hanno un impatto enorme su tutto l’ecosistema terrestre.
Noi siamo la causa di moltissime modifiche che la Terra ha subìto negli ultimi decenni, come il riscaldamento degli oceani, l’erosione del suolo, i cambiamenti climatici, la scomparsa di diverse specie animali, gli allevamenti intensivi, i disboscamenti e i nuovi canali per l’irrigazione. Ora i geologi stanno tentando di avere anche una conferma dalle rocce: se per esempio nei ghiacci, nel sottosuolo o nei coralli verranno trovate tracce di plastica, cemento, alluminio o la presenza di radioattività dispersa durante i vari test nucleari, la prova dell’impatto umano sarebbe evidente e incontrovertibile. Con l’aggravante che resterebbe per migliaia di anni, sopravvivendo anche al suo creatore.
Secondo molte fonti già nel 1864 George Perkins Marsh notò nel saggio L’uomo e la natura ossia la superficie terrestre modificata per opera dell’uomo che gli esseri umani stavano condizionando negativamente la natura e il pianeta, mettendo a rischio la propria sopravvivenza. Poco dopo, nel 1873, il geologo italiano Antonio Stoppani teorizzò per la prima volta che l’uomo aveva “una nuova forza tellurica con potenza e universalità comparabile con le grandi forze del pianeta” e chiamò questa epoca “era antropozoica”.
2.421 ordigni nucleari esplosi dalla metà del ‘900 a oggi hanno riversato una grande quantità di isotopi nel nostro ecosistema, atomi creati dall’uomo che non sarebbero mai esistiti naturalmente. Nei nostri cieli l’anidride carbonica e il metano hanno raggiunto la più alta concentrazione degli ultimi 65 milioni di anni, mentre acciaio, plastica e calcestruzzo segneranno gli strati geologici del presente e del futuro per molto tempo. Secondo chimici e studiosi di scienze della terra abbiamo scombinato il ciclo del carbonio, il ciclo del fosforo e quello dell’azoto, che infatti ha raggiunto la più alta quantità mai registrata nel suolo della Terra negli ultimi 2,5 miliardi di anni. Come se non bastasse, ora negli oceani, nel sottosuolo e persino nell’atmosfera ci sono particelle di calcestruzzo, alluminio e plastica. Centinaia di milioni, se non miliardi, di tonnellate di materiali artificiali che contaminano l’ecosistema terrestre.
Gli studiosi prevedono che in futuro, a meno che una catastrofe naturale non interrompa il dominio dell’uomo, gli impatti sull’ambiente circostante continueranno a farsi sentire. La sensibilità delle nuove generazioni per uno sviluppo sostenibile potrà dare una mano a limitare questi impatti, ma per il momento sembra difficile che possa invertire la rotta.
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