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Da una parte all’altra dell’Oceano, questo mese la Banca Centrale americana e quella europea si sono mosse in senso divergente, con la FED che ha lasciato i tassi invariati e la BCE che invece ha alzato i tassi di altri 25 punti base. Questo perché l’inflazione rallenta, ma non a sufficienza, e l’economia europea ne risente.
Non a caso le previsioni arrivate dalla Commissione Europea e dall’OCSE sono al ribasso, con la Germania che è particolarmente in difficoltà anche a causa del rallentamento cinese. Il tutto mentre in Cina trema il mercato immobiliare con il tonfo di Evergrande e negli USA tengono banco le IPO tecnologiche.
La Federal Reserve ha deciso di mantenere i tassi d’interesse al 5,25%-5,50%, il livello più alto dal 2001. Dal marzo 2022, è la seconda volta che la Banca Centrale statunitense decide di mantenere invariati i tassi d’interesse. Nelle altre undici riunioni, è sempre stato deciso un rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione crescente.
Questa pausa, tuttavia, non indica necessariamente la fine della stretta. “Vogliamo vedere migliori risultati”, ha detto in conferenza stampa il presidente della FED Jerome Powell, “prima di arrivare alla conclusione che l’attuale livello dei tassi è sufficiente”. Un altro rialzo, a novembre o dicembre, resta quindi probabile.
La BCE ha deciso di alzare i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,5%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%.
“L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine”, hanno spiegato da Francoforte.
La BCE ha rivisto al rialzo le stime sull’inflazione al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. “Il nostro dovere è riportare l’inflazione all’obiettivo in maniera tempestiva. Più rapidamente ci tornerà e più stabili torneranno i prezzi, meno dura sarà andare avanti, sia per coloro che hanno investito sia per coloro che si sono indebitati”, ha detto la presidente della BCE Christine Lagarde.
Nelle ultime previsioni economiche, la Commissione Europea ha rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL nell’Eurozona a +0,8% nel 2023 (da +1,1% atteso delle previsioni di primavera) e del +1,3% nel 2024 (da +1,6%).
In Italia è attesa nel 2023 una crescita dello 0,9% (da +1,2%) e +0,8% nel 2024 (da +1,1%). Preoccupante la situazione tedesca: la Commissione Europea rivede al ribasso le attese sul PIL della Germania, visto in calo dello 0,4% nel 2023, per crescere poi dell’1,1% nel 2024. Si tratta di un taglio di 0,6 punti percentuali per quest’anno.
Anche l’OCSE riduce le previsioni sulla crescita economica dei principali Paesi europei. Il PIL italiano viene indicato a + 0,8% sia nel 2023 che nel 2024, con un taglio dello 0,4%. La Francia, secondo l’OCSE, crescerà quest’anno dell’1% e dell’1,2% nel 2024. La Germania, dopo una flessione dello 0,2% nel 2023, dovrebbe risalire fino a + 0,9% nel 2024.
Il costruttore Evergrande non ha potuto onorare una tranche di bond sul mercato interno per un valore di 4 miliardi di yuan (547 milioni di dollari). Tecnicamente si tratta di un default, attribuito alla sua principale filiale, Hengda Real Estate Group. Il quartier generale di Evergrande continua ad assicurare che troverà un modo per salvaguardare i diritti degli obbligazionisti cinesi. Ma il colosso delle costruzioni è indebitato per 2,39 trilioni di yuan, equivalenti a 327 miliardi di dollari. Una crisi che si è aggravata nelle ultime settimane, portando anche a diversi arresti tra i vertici.
Il probabile crac del principale costruttore privato del Paese peggiora le prospettive del settore immobiliare cinese, portando le borse asiatiche in profondo rosso. Se Evergrande non riesce a raggiungere un nuovo accordo con i suoi creditori offshore, rischia di affrontare la liquidazione. Un collasso disordinato dell’azienda danneggerebbe ulteriormente l’economia cinese, che per decenni ha fatto affidamento sul mercato immobiliare per sostenere la crescita.
L’attesa IPO di Instacart negli USA ha deluso le aspettative: dopo essere salite fino al 40% nelle prime ore di contrattazione, le azioni sono scese al di sotto del prezzo della IPO. Andamento al ribasso anche per la società di progettazione di chip Arm Holdings, che ha fatto registrare ribassi di oltre il 4% per cinque giorni consecutivi dopo l’iniziale balzo del 25% nel giorno della sua Ipo. Stesso scenario per il gruppo Klaviyo.
La conferma della FED sul fatto che la politica monetaria continuerà a essere restrittiva ha portato a un peggioramento dell’umore degli investitori, che hanno cominciato a vendere le proprie azioni. Se questo andamento dovesse essere confermato, potrebbe essere un problema per le future IPO attese nelle prossime settimane.
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