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Siamo entrati nel trimestre finale dell'anno, lasciandoci alle spalle un mese complicato per l'andamento dei mercati finanziari: a settembre è ripartita la risalita dei tassi di interesse, in particolare sulle scadenze medio lunghe, parliamo di circa 40/50 punti base negli USA e poco meno in Europa. Contagiate di conseguenza anche le borse, che hanno registrato perdite in area 5% negli USA e circa 2% in Europa e Giappone. Il dollaro americano, invece, è risultato essere l'unico asset positivo del mese.
Le Banche Centrali, ancora una volta, sono state le protagoniste del mese. Partiamo dalla Federal Reserve e le sue indicazioni nella riunione di settembre:
La revisione del percorso nel 2024 ha avuto effetto immediato sulla tesi di mercato, riducendo così i tagli prezzati a soli 85 punti base per il 2024, a fronte dei 120 punti base attesi a fine agosto. Durante la conferenza stampa il presidente Powell ha citato un concetto che, assieme alla revisione del percorso del prossimo anno, ha innervosito ulteriormente i mercati obbligazionari: il cosiddetto tasso neutrale potrebbe essere più elevato di quanto stimato nel breve termine. Il tasso neutrale è una misura stimata del livello dei tassi reali di lungo termine, che sono tassi nominali depurati dall'inflazione attesa, uno stato nel quale l'economia si trova in equilibrio, piena occupazione con inflazione costante. In sostanza, il livello prezzato dai mercati ora per il tasso reale a termine implicherebbe un'economia che viaggia a un potenziale di crescita più alto, traducendosi in rendimenti obbligazionari più elevati. Infatti, nelle ultime settimane, il movimento al rialzo dei tassi di interesse nominali non è stato accompagnato da rialzi delle attese sull'inflazione, che rimangono ben ancorate.
L'andamento degli indicatori macroeconomici dell'ultimo mese corrobora lo scenario virtuoso per l'economia statunitense, che sta dimostrando una tenuta superiore alle attese. Il mercato del lavoro è ancora solido, con oltre 260.000 nuovi occupati creati a settembre, sopra il trend di rallentamento dei precedenti tre mesi. Allo stesso tempo l'inflazione continua a rientrare, con segnali incoraggianti anche sulla componente salariale, che rallenta ulteriormente a settembre. La difficoltà della fase attuale risiede nell'incertezza sullo stato di rallentamento dell'economia: i dati dei prossimi mesi saranno un'altra volta cruciali, sia per la FED, che rimane in modalità data dependent, sia per i mercati. Le scorte dei risparmi in eccesso, accumulati durante la pandemia, sono ormai in esaurimento e allo stesso tempo gli americani da questo mese riprendono a ripagare i prestiti studenteschi; i consumi saranno dunque osservati speciali, soprattutto essendo stati i pilastri della tenuta macro del 2023 e driver fondamentale dell'inflazione core.
In Europa le variabili macroeconomiche puntano a un rallentamento più evidente. La BCE, quindi, dovrebbe di fatto aver effettuato l'ultimo rialzo per questo ciclo alla riunione di settembre, nonostante si sia tenuta un po’ di flessibilità sul percorso dei tassi, con la comunicazione post incontro. La pressione sui tassi europei sembra, dunque, essere più effetto trascinamento dagli USA che endogeno.
Infine, l'andamento del prezzo del petrolio desta un po’ di preoccupazione sul progresso dell'inflazione: riteniamo però che questa accelerazione sia stata prevalentemente guidata dal lato dell'offerta, con considerazioni di natura geopolitica che sembravano in via di indirizzamento tra Stati Uniti e Arabia Saudita. Con gli ultimi allarmanti sviluppi del Medio Oriente, questo aspetto potrebbe infastidire ulteriormente il mercato.
In questo contesto, le valutazioni dell’obbligazionario risultano molto interessanti, soprattutto dopo il movimento alquanto esagerato in termini reali, a livelli veramente lontani da qualsiasi stima mai elaborata da fonti ufficiali o del mercato. Queste considerazioni rendono l'asset class obbligazionaria un valido alleato per navigare i mesi finali dell'anno. L’azionario, dal canto suo, potrebbe godere del sollievo dei corsi obbligazionari, per poi reagire più direttamente alle dinamiche di crescita in attesa dell'avvio della reportistica sugli utili trimestrali nelle prossime settimane.
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