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Analisi dei Mercati Finanziari

Analisi dei mercati finanziari novembre 2023

Investire oggi: l'analisi dei mercati finanziari novembre 2023 di Andrea Delitala

Novembre 2023

Tempo di lettura: 6 min

Nonostante persistenti rischi geopolitici ed economici, i dati più recenti lasciano intravedere prospettive in miglioramento per la fine del 2023, con inflazione in calo, politiche monetarie meno aggressive e mercati finanziari più costruttivi. Un contesto che, se confermato, potrà favorire una ripresa degli investimenti e della crescita.

I dati americani sono forti per quel che riguarda il terzo trimestre, che induce a rivedere all'insù le previsioni per il 2024, nel nostro caso dallo 0,5 a circa 1%, ma un po‘ meno per il mercato del lavoro, dove la disoccupazione è risalita al 3,9%. Sono in flessione i sondaggi, il PMI e l'ISM soprattutto dei servizi, in particolare i ritmi di crescita americani, alimentati dai risparmi in eccesso che a loro volta hanno sostenuto i consumi, è destinato a diminuire a causa appunto dall'esaurirsi di questo cuscinetto nel prossimo trimestre o due. Invece, l'inflazione rientra, nonostante la crescita superiore al previsto nei primi trimestri dell'anno, a riprova del ruolo rivestito dalla normalizzazione dell'offerta: non si parla più di interruzione della catena di produzione e distribuzione.

Per quel che riguarda l'Europa, i dati di attività restano depressi, mentre l'inflazione rientra più velocemente del previsto. Anche se lo scenario di base è, anche per l'Europa, di soft landing, come ha appena ribadito il fondo monetario, per l'Eurozona il rischio di recessione, non solo tecnica, è più evidente che non in America.

Per i mercati la cosa più importante, in queste ultime settimane, è stato il regalo americano di Halloween: emissioni del Tesoro più leggere sul lungo termine e Federal Reserve meno hawkish. Qui Powell ha segnalato un paio di cose molto importanti: la prima prende atto della restrizione finanziaria dovuta ai rialzi dei tassi di interesse a lunga, anche se ha poi detto che reagirà a questo fenomeno solo qualora diventi persistente. Seconda cosa, dopo oltre il 5% di rialzi in un anno e mezzo, e anche tenendo conto del fatto che ci sono dei ritardi negli effetti macroeconomici di tali rialzi, la FED ritiene che il rischio di sbagliare per eccesso di zelo sia simmetrico a quello di sbagliare per difetto. Conclusione: per vedere un taglio da parte delle Banche Centrali dovremmo registrare ulteriori progressi sul fronte del rientro dell'inflazione, oppure avere più evidenza di un marcato deterioramento dell'attività economica.

Siamo sulla buona strada per vedere progressi sul fronte del rientro di inflazione verso il 2% per quel che riguarda l’America, mentre per l’Europa i rischi di peggioramento del quadro di crescita sembra più probabile. Nel nostro scenario di base i primi tagli arriveranno entro l'estate, appena dopo quanto incorporato dalle attese di mercato, poi però potrebbero anche proseguire più speditamente rispetto ai tre tagli impliciti nei tassi a termine, cioè i forward, entro la fine dell'anno prossimo. La normalizzazione è piena verso i livelli di lungo periodo, quelli che chiamiamo tassi neutrali, che in termini nominali sono tra il 2,5 e il 3 per l'America e tra il 2 e il 2,5 per l'Europa, poi richiederà comunque almeno un altro anno.

Guardiamo ai mercati finanziari e al loro andamento. Il rally sostanzioso di inizio novembre per noi è più la correzione di una fase ossessiva sui tassi di interesse, più che da ascrivere a euforia. Infatti, il rialzo dei tassi di interesse americani degli ultimi quattro mesi sembra essere più frutto di un'esagerazione di preoccupazioni lecite, che vanno dalla finanza pubblica americana al livello di equilibrio dei tassi nel lungo termine e altri fattori tecnici un po’ autoreferenziali, come il term premium, e quindi rialzo del decennale in quattro mesi dal 4% al 5%, quasi 1% anche in termini reali, non sembra giustificato dal punto di vista fondamentale. La crescita è forte ma non sostenibile, come dicevamo prima, a questi ritmi e l'inflazione è in discesa con aspettative ancorate. La forte reazione positiva delle ultime sedute da parte dei bond americani e non solo, sono causa della FED meno hawkish, ma si devono anche a quello che è stato l'annuncio di emissioni governative meno gravose da parte del Tesoro americano. La combinazione di questi elementi è supportiva, lo sarà nei prossimi mesi, per i bond e la distensione sui tassi beneficerà le borse di riflesso.

In questo quadro, il mercato è sgradevolmente volatile, ma le valutazioni di oggi, soprattutto obbligazionarie, più giustificate di quelle di fine ottobre. Le prospettive sono che il peggio dovrebbe essere alle spalle, anche perché le autorità americane hanno preso atto di questo eccesso di volatilità e hanno mostrato attenzione a questa erraticità, se non anche la divergenza dai fondamentali, dai titoli di Stato americani. Seppur in un contesto quindi di volatilità e incertezza persistente, ci aspettiamo un calo ulteriore di circa mezzo punto, quindi a ridosso del 4%, per il decennale americano nell'arco dei prossimi tre o quattro trimestri. Questo avrà a sua volta effetti di trascinamento sui rendimenti obbligazionari del resto del mondo, anche se su scala ridotta per l'Europa e amplificata per i mercati emergenti.

Unici in controtendenza i giapponesi che stanno abbandonando la politica di controllo della curva dei rendimenti, quindi, vedranno rendimenti del JGB in salita. Le azioni hanno margini di recupero una volta che vedremo la stabilizzazione, o meglio l'assestamento dei rendimenti obbligazionari, soprattutto americani. Più che da sorprese sugli utili, ci si aspetta che la spinta azionaria si esprima in termini valutativi, con un'espansione dei multipli, cioè del rapporto prezzo-utile da qua a fine anno. I titoli della tecnologia, growth e quelli più penalizzati dal rialzo dei tassi di interesse, saranno quindi anche quelli che ne dovrebbero beneficiare di più.

Fonte: Pictet AM Italia