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Rallentamento economico, inflazione, aumento dei tassi di interesse. Tra il protrarsi del conflitto in Ucraina e l’esplosione della guerra tra Israele e Hamas, il contesto globale è caratterizzato da grande incertezza. E i consumatori-investitori, alle prese con l’erosione del potere d’acquisto, stanno modificando di conseguenza le proprie abitudini.
Come emerge dal Rapporto Edufin 2023 di Doxa, si registra una maggiore difficoltà delle famiglie a compiere scelte economico‐finanziarie. E a essere maggiormente colpiti sono i più fragili.
L’inflazione al consumo, generata dai rincari delle materie prime energetiche e alimentari, ha raggiunto i livelli più alti dalla metà degli anni Ottanta, superando il 12% nell’ultimo trimestredell’anno passato.
A partire dall’estate del 2022, di conseguenza, la Banca Centrale Europea ha avviato un rapido rialzo dei tassi di interesse ufficiali, aumentati di quattro punti percentuali tra luglio 2022 e giugno 2023.
Certo, nel 2022 l’occupazione è cresciuta rispetto all’anno precedente, recuperando i livelli prepandemici. Parallelamente, il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 6,2% a valori correnti, ma in termini reali si è ridotto dell’1,2% a causa dell’alta inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto e il valore reale della ricchezza delle famiglie.
In questo contesto, secondo quanto riportato dal Rapporto Edufin 2023 di Doxa, tra i comportamenti adottati dalle famiglie per far fronte all’inflazione, si nota non solo la riduzione dei consumi superflui (56,8%) e il ricorso a canali di vendita più a buon mercato (32,3%), ma anche un cambio delle abitudini d’acquisto, propendendo per prodotti alimentari meno costosi (29,5%) e una modifica delle abitudini di risparmio (28,5%).
La quota di coloro che hanno modificato le proprie abitudini di risparmio è passata dal 27,1% del 2022 al 28,5% del 2023. In crescita anche coloro che hanno ridotto ilconsumodei beni alimentari più costosi (ad esempio frutta e verdura), dal 26% al 29,5 per cento. Resta alta, seppur in diminuzione, la percentuale di coloro che sono ricorsi al risparmio accumulato (dal 20,1% al 19,8%), .mentre la quota di chi ha rinviato o rinegoziato bollette, rate di debito o di affitto, passa dal 10,2% al 9,1%.
Il peggioramento delle condizioni è particolarmente evidente tra le categorie più fragili della popolazione: le donne, le famiglie a basso reddito, i residenti al Sud e coloro che hanno un basso grado di istruzione. Tuttavia, rispetto allo scorso anno, le famiglie sembrano aver reagito migliorando lievemente il proprio grado di resilienza e di gestione dello stress finanziario.
La persistenza dell’inflazione ha inciso sulla preferenza per la liquidità degli intervistati e favorito investimenti in strumenti finanziari potenzialmente in grado di difendere meglio il potere d’acquisto: da un lato, sale dal 17,4% al 30,9% la quota di coloro che intendono investire, mentre, dall’altro, scende dal 45,2% al 37,8% la quota di chi è orientato a mantenere il denaro sul conto corrente.
Nonostante le molte incognite sull’evoluzione del quadro macroeconomico e le criticità perduranti, l’attenzione che i media dedicano all’inflazione sembra aver risvegliato l’interesse verso gli investimenti, anche per il corposo rialzo dei tassi d’interesse che ha riportato le obbligazioni a offrire rendimenti positivi.
Gli incrementi più accentuati riguardano infatti le polizze vita (+2,4%), le forme di previdenza complementare (+2,1%) e i fondi comuni (+1,4). In leggera crescita anche gli investimenti effettuati direttamente dai risparmiatori in azioni e titoli pubblici (+1% per entrambi) e prodotti di finanza sostenibile (+0,5%), mentre obbligazioni private, ETF, derivati e criptovalute sono stazionari o in marginale contrazione.
La flessione accentuata dei depositi a risparmio (‐6,9%), peraltro ancora molto diffusi con una quota del 22,3%, può essere in parte dovuta al citato interesse per le altre forme di investimento.
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