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Educazione finanziaria

La teoria dei giochi in finanza

La teoria dei giochi in finanza

Aprile 2024

Tempo di lettura: 5 min

La disciplina deve il suo nome al libro “Theory of Games and Economic Behavior” scritto nel 1944 dal matematico John von Neumann e dall’economista Oskar Morgenstern, ampliata poi dal Nobel John Nash.

La teoria dei giochi viene applicata in ambiti e situazioni diverse, dalla politica al marketing fino alla finanza. Questa disciplina, che deve il suo nome al libro “Theory of Games and Economic Behavior” scritto nel 1944 dal matematico John von Neumann e dall’economista Oskar Morgenstern, ha fornito nuove spiegazioni sulla razionalità delle decisioni degli individui. La teoria venne poi ampliata dal lavoro del matematico John Nash, premio Nobel per l’Economia nel 1994, alla cui vita è ispirato il famoso film “A Beautiful Mind”.

Cos’è la teoria dei giochi?

La teoria dei giochi assume che gli agenti – i giocatori – siano razionali e ragionino in modo strategico, utilizzando congetture sul comportamento degli altri agenti. Il funzionamento assunto è quello di giochi come gli scacchi o il bridge, caratterizzati dalla ricerca delle scelte vincenti, provando anche ad anticipare le il pensiero dei rivali con una successione di mosse strategiche.

John von Neumann e Oskar Morgenstern hanno provato a definire in termini matematici complessi come si comportano gli individui in una dinamica che punta alla conquista di qualcosa (payoff), studiando come ogni giocatore maturi razionalmente le scelte e cerchi di massimizzare il proprio benessere tenendo conto delle azioni e delle reazioni dei rivali.

Il presupposto, quindi, è che i giocatori si comportino in maniera razionale e strategica, mentre l’aspetto emozionale non è contemplato.

Gioco cooperativo e non cooperativo

Il gioco tra i partecipanti può essere cooperativo o non cooperativo:

  • nel primo caso, tra i giocatori esiste un interesse comune, il che è difficile che accada sui mercati finanziari;
  • nel secondo caso, non esiste un interesse comune e ognuno partecipa per ottenere il massimo risultato possibile per sé. Proprio come accade sui mercati finanziari.

Nei giochi non cooperativi, gli attori sono in concorrenza tra loro. Ogni giocatore segue la strategia più vantaggiosa per sé finché, a un certo punto, si delinea una situazione nella quale ciascun partecipante non ha alcun incentivo a modificare la propria strategia. Questo è quello che viene definito “equilibrio di Nash”: quando ognuno ha fatto la sua mossa, ha ottenuto il massimo per sé e, se la situazione degli avversari non cambia, non può migliorare da solo la sua situazione.

Il dilemma del prigioniero

Se i giocatori decidessero invece di allontanarsi insieme dall’equilibrio di Nash, potrebbero migliorare il proprio guadagno. È quello che viene chiamato “dilemma del prigioniero”.

Secondo questo dilemma, due criminali (A e B) sono accusati di aver commesso un reato e sono messi in due celle diverse non comunicanti. Ognuno di loro può decidere di collaborare o non collaborare. Le strategie sono tre:

  • Se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena mentre l’altro è condannato a 12 anni di carcere;
  • Se entrambi confessano, ricevono una pena di 6 anni;
  • Se nessuno collabora, ricevono entrambi una pena di un anno.

Il risultato migliore sarebbe quello di non confessare per entrambi, mentre l’equilibrio di Nash è evidente nella seconda opzione, in quanto è l’unica in cui si minimizza la possibile condanna indipendentemente da quello che farà l’avversario.

L’applicazione in finanza

La teoria dei giochi può essere applicata a molti casi economici, soprattutto nella microeconomia.  Ma può essere usata anche nel campo degli investimenti, nonostante in questo caso si abbia a che fare con un numero indefinito di giocatori le cui scelte non sono prevedibili né conosciute.

Facciamo l’esempio di una società in difficoltà che deve raccogliere capitali sul mercato, lanciando un’offerta di conversione delle obbligazioni in azioni. Ovviamente, diventare azionista implica un rischio maggiore rispetto a essere obbligazionista. Il giocatore ha davanti le seguenti possibilità:

  • convertire le obbligazioni in azioni insieme agli altri obbligazionisti, trasformando quindi la società in difficoltà in una società ricapitalizzata, seppur con maggiori rischi;
  • convertire da solo, ma gli altri non convertono, e quindi vedere azzerato il valore delle proprie azioni;
  • non convertire, mentre gli altri lo fanno, per cui l’investitore rimane obbligazionista.

 In questo caso, è evidente che la soluzione migliore, quella che viene chiamata “l’ottimo di Pareto”, sarebbe che tutti gli obbligazionisti effettuassero la conversione, salvando la banca e diventandone azionisti. Se invece nessuno converte e prevale la diffidenza, siamo davanti all’equilibrio di Nash.

Per prendere la decisione giusta, dovremmo quindi riuscire ad avere un’idea il più possibile precisa di cosa intenda fare la maggior parte dei possessori di obbligazioni. In un gioco a “informazione completa” le regole del gioco e la funzione di utilità di tutti i giocatori sono conoscenza comune dei giocatori. Ma “l’informazione incompleta” è, ovviamente, più realistica. Un altro elemento importante è anche avere conoscenza delle giocate precedenti, cosa che non sempre accade.

Guida alla teoria dei giochi in finanza
Pictet AM Italia