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Biotecnologie

Privacy e salute: come l’AI e i big data possono supportare la lotta alle epidemie

Aprile 2020

Dalle app al riconoscimento facciale, i dati possono essere sfruttati come mai prima. Tra dubbi sulla riservatezza e grandi potenzialità.

La gestione dell'epidemia ha riportato in prima linea l'utilizzo di tecnologie evolute. Sia nella raccolta di dati (tra app, droni e riconoscimento facciale) sia nella capacità di estrarre informazioni utili (grazie ad algoritmi e intelligenza artificiale), ci sono strumenti e soluzioni efficienti come mai prima. La loro adozione in campo sanitario, però, deve essere accompagnato da garanzie sulla privacy degli utenti.

Coronavirus: le app per gestire la pandemia

Il governo italiano ha scelto l'app di una società milanese, Bending Spoons, per tracciare il contagio del Coronavirus. Si chiama Immuni e dovrebbe essere disponibile da maggio. Utilizza il bluetooth per far “dialogare” i dispositivi degli utenti. In questo modo, è in grado di sapere chi è entrato in contatto con un soggetto positivo e di avvisarlo, invitandolo a seguire un preciso protocollo.

 

Il tema privacy è decisivo. Chi è come gestisce i dati? Il governo ha assicurato che saranno custoditi su server italiani e resteranno in possesso di istituzioni pubbliche (quindi non degli sviluppatori). Il sistema, però, funzionerebbe solo se buona parte della popolazione (circa il 70%) scaricasse l'app. E solo se l'adozione fosse accompagnata da esami clinici e protocolli sanitari efficienti. Anche Google e Apple si sono impegnate nel tentativo di tracciare il contagio, mettendo a disposizione Api (cioè degli strumenti digitali) che permettano di sviluppare applicazioni. Anche in questo caso, gli smartphone dialogano tramite bluetooth, con un sistema che dovrebbe garantire l'anonimato degli utenti: le app non saranno legate a un nome ma a un codice che cambia ogni 20 minuti.

Le tecnologie per il tracciamento dei contagi: big data e AI

In alcuni Paesi, come la Cina, il tracciamento è accompagnato dalla sorveglianza. Nelle regioni più colpite dall'epidemia, i droni sono stati utilizzati per localizzare i cittadini sfuggiti ai controlli tradizionali. L'utilizzo del riconoscimento facciale è già una realtà, nonostante i dubbi sollevati dalla comunità scientifica e dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani: i cittadini sono infatti identificati senza il loro consenso e la tecnologia è tutt'altro che infallibile.

 

Una società vietnamita, VinGroup, ha sviluppato un riconoscimento facciale in grado di funzionare anche quando si indossa la mascherina. Già oggi la tecnologia ha le potenzialità per rilevare e utilizzare i dati sanitari e i parametri fisici degli utenti in tempo reale. Basti pensare ai dispositivi indossabili, come gli smartwatch, capaci di conoscere battito cardiaco, temperatura corporea e ritmo sonno veglia. Se trasmessi e aggregati (anche se resi anonimi) sono dati che potrebbero quantomeno aiutare a comprendere il percorso di un virus. Ma, anche qui, ritorna il problema della privacy: chi gestisce i dati e con quali scopi?     

Conciliare privacy e salute nella lotta contro le pandemie

Oggi è realtà quello che “sembrava fantascienza 10 anni fa”, ha scritto sul Financial Times lo scrittore Yuval Noah Harari. Far conoscere i dati che riguardano il proprio corpo hanno un potenziale enorme perché non si parla solo di salute. Consente, potenzialmente, di far sapere se e quando un individuo è allegro, triste o innamorato. Perché ogni emozione comporta anche una risposta fisica. Tuttavia, sottolinea Harari, “la stessa tecnologia di sorveglianza può, di solito, essere utilizzata non solo dai governi per monitorare gli individui, ma anche dagli individui per monitorare i governi”.

 

Conoscere il percorso di un virus è uno strumento per capire se le decisioni prese per contenerlo stanno funzionando. Quella tra privacy e salute, secondo Harari, è quindi una falsa contrapposizione. Ci sono soluzioni che conciliano le due esigenze. Servono però garanzie e condivisione: “Per battere il virus dobbiamo condividere le informazioni a livello globale. La cooperazione è di fondamentale importanza anche sul fronte economico. Se ciascun governo fa le proprie cose in totale disprezzo degli altri, il risultato sarà il caos e una crisi sempre più profonda”.