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Nella nostra vita ormai tutto è interconnesso in un abbraccio tra reale e virtuale. Grazie a Internet la nostra vita è cambiata per sempre. Infatti, il professor Luciano Floridi, filosofo italiano direttore di ricerca e professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, ha coniato il termine “Onlife”. Scopriamolo in 10 punti.
Il termine deriva dalla contrazione di Online e Offline, quindi dall’unione tra le azioni della nostra vita quando siamo connessi alla rete e quando siamo disconnessi. “Ho coniato questo neologismo alcuni anni fa per evidenziare la natura ibrida delle nostre esperienze quotidiane, in parte digitali e in parte analogiche”, ha spiegato Floridi di recente in un’intervista.
Se guardiamo all’Onlife nel suo complesso sociale è evidente che il vero digital divide esiste tra chi è in grado di vivere Onlife e chi non può perché non ha le possibilità di connettersi al web. Chi vive in una smartcity sarà sempre un passo avanti a chi vive in aree più rurali e di conseguenza analogiche, ma anche chi accede a determinati servizi, piattaforme, livelli di istruzione e possibilità di lavoro grazie al digitale avrà sempre un vantaggio competitivo rispetto a chi non può fare tutte queste cose a causa dei limiti tecnologici. E sarà un problema da risolvere se vogliamo avere una società equa.
Come abbiamo visto, questo nuovo contesto ibrido porta con sé dei rischi, a partire dall’adattamento. Floridi nota che “stiamo iniziando a disegnare le città con corsie preferenziali dedicate alle macchine robot, a dimostrazione che troppo spesso siamo noi ad adattarci alla tecnologia e non il contrario”.
La pervasività dei mezzi di comunicazione basati sull’Intelligenza Artificiale, che spesso attiva processi di Machine Learning, ci impone di guardare film o di acquistare oggetti o servizi sulla base di algoritmi che via via abbattono l’autonomia individuale nelle scelte. Un altro tema da tenere d’occhio.
Questo concetto parte dalla differenza nella narrativa tra diegetico e non-diegetico. Le informazioni interne alla narrazione sono diegetiche, come per esempio le immagini che il protagonista del libro vede alla tv e che noi non possiamo ovviamente vedere, mentre quelle non diegetiche sono quelle esterne pensate apposta per gli spettatori, come per esempio la colonna sonora di un film. Floridi ha aggiunto il concetto di transdiegetico “per evidenziare un nuovo fenomeno in cui la dinamica tra diegetico e non-diegetico è interattiva e controllata dall’utente. Si pensi ai videogiochi e più in generale a tutte le tecnologie digitali wearable, con applicazioni sportive e mediche di monitoraggio e valutazione del proprio stato di salute. Diventiamo noi stessi attori in una narrazione che, grazie all’interazione, rende certe informazioni diegetiche (le percepisco) o non-diegetiche (non le percepisco) secondo il nostro comportamento”.
Secondo il concetto classico, la storia inizia quando finisce la preistoria, cioè quando gli esseri umani hanno inventato la scrittura in modo da annotare il presente pensando ad un utilizzo futuro. Ora però siamo arrivati ad un ulteriore salto evolutivo secondo Floridi: “siamo passati dalla registrazione e comunicazione alla processazione delle informazioni. La connessione tra benessere e ICT (Information and Communication Technologies) è diventata una dipendenza: oggi le società avanzate vivono e prosperano solo grazie alle strutture informazionali che le sostengono. È per questo che possono essere soggette a cyberattacks. Ecco che allora dobbiamo parlare di una storia ancora più storica della storia stessa: siamo passati dalla storia all’iperstoria”.
Un tema che viene sollevato riguarda il controllo sui dati delle persone e delle istituzioni da parte di quei pochi colossi ICT. Il problema ora è che, essendo tra i pionieri di questo nuovo mondo, certe multinazionali sono troppo potenti per essere affrontate dai singoli Paesi e serve trovare una soluzione anche a questo problema.
In conclusione, anche la filosofia deve modificare il proprio focus, come ha spiegato Floridi: “ogni epoca ha la sua filosofia, che pone le domane giuste e fornisce le risposte necessarie. Oggi è chiaro che la filosofia e l’etica di cui abbiamo bisogno deve occuparsi del fenomeno dell’informazione. Perciò la filosofia dell’informazione è la filosofia del nostro tempo per il nostro tempo”.
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