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Megatrend

Con i satelliti a bassa quota cresce l’economia dello spazio

Giugno 2021

Più piccoli e più economici, sono sempre più usati per applicazioni utili sulla Terra. Ma bisognerà anche affrontare il problema dei rifiuti.

Tra gli ultimi ci sono i satelliti Starlink, mandati in orbita da SpaceX, società americana di proprietà del miliardario Elon Musk. Dal suo primo lancio nel 2019, SpaceX ha mandato oltre 1.000 satelliti nello spazio per portare la connessione Internet sulla Terra. E nuovi lotti da 60 vengono aggiunti alla sua costellazione ogni due settimane. Ma non è niente in confronto a ciò che Musk ha pianificato: negli anni a venire, il patron di Tesla spera di avere 42mila Starlink in orbita, circa 13 volte il numero di satelliti funzionanti nello spazio di oggi.

Low orbit economy

È la cosiddetta low orbit economy. L’idea di portare Internet via satellite, in realtà, non è una novità. Ma le vecchie connessioni erano lente e costose, basate su satelliti delle dimensioni di un camion che galleggiavano a circa 22mila miglia sopra la Terra. Le versioni lanciate da SpaceX, e altri concorrenti come OneWeb, sono molto più vicine, in orbita terrestre bassa, a circa 200mila miglia dalla Terra. E sono soprattutto più piccoli ed economici.

 

“Questi satelliti sono molto più piccoli, molto più economici e molto più potenti dei loro predecessori”, conferma Troy McCann, fondatore di Moonshot, un incubatore di tecnologie spaziali australiano. La speranza, ora, è che questi strumenti possano portare Internet veloce e a basso costo in parti del mondo ancora scollegate. Musk sta già sperimentando la sua tecnologia su potenziali clienti. OneWeb fa sapere che lancerà i suoi servizi entro la metà del 2022.

 

“In passato, un normale satellite costava 1 miliardo di dollari”, racconta Will Marshall, ex ingegnere della NASA e co-fondatore della californiana Planet Labs, che vanta 200 satelliti nello spazio. I modelli più piccoli sono in grado di fare la maggior parte di quello che facevano le tecnologie precedenti, ma costano mille volte meno.

 

Nel frattempo, anche inviare i satelliti in orbita sta diventando più economico. In passato i razzi sono sempre stati troppo costosi, in parte perché vengono usati una sola volta. Dopo aver lanciato il loro carico, ricadono sulla Terra e vengono distrutti. Ma gruppi come SpaceX e Rocket Lab stanno sperimentando anche modelli riutilizzabili. Secondo Marshall, in un solo anno questo ha portato a una riduzione di cinque volte il prezzo che Planet Labs paga per lanciare i suoi satelliti.

 

L’osservazione della Terra, poi, è un’altra parte in rapida crescita della low orbit economy. I satelliti di Planet Labs, ad esempio, possono scansionare e fotografare ogni centimetro della superficie terrestre in 24 ore. Altri operatori, come Spire, raccolgono invece segnali radio per monitorare navi, aerei e il meteo. I loro set di dati costantemente aggiornati sono utili tanto alle aziende quanto ai dipartimenti della difesa. Non solo: le grandi aziende agricole utilizzano i satelliti di Planet Labs anche per monitorare i raccolti. E gli hedge fund per tenere traccia delle scorte di petrolio e giudicare i danni economici causati dai blocchi.

E un’altra speranza, ora, è che i satelliti a bassa quota possano aiutare a creare economie più sostenibili dal punto di vista ambientale. Le immagini di Planet Labs vengono utilizzate ad esempio per monitorare il disboscamento illegale. In Afghanistan, seguono l’estrazione illecita e osservano le inondazioni in arrivo. “Quando molte persone pensano allo spazio, pensano alla scienza, agli astronauti e alle missioni su Marte”, dice Marshall. “Non capiscono davvero quanto sia connesso invece con la vita qui sulla Terra”.

Il mercato guida l'esplorazione dello spazio

Il cambio di passo è evidente. In primis perché questa nuova era dello sviluppo dell’economia spaziale è diversa perché è stimolata dalle forze del mercato, e non dalle ambizioni politiche e geopolitiche come accadeva in passato. “Quello che ci ha portato sulla Luna è stata la politica e l’ego delle nazioni”, dice McCann di Moonshot. “Non c’era davvero una ragione economica per arrivarci. Questo è il motivo principale per cui non siamo rimasti lì: una volta che gli Stati Uniti l’hanno fatto, ci si è fermati”. Questa volta, invece, è l’economia a guidare l’esplorazione dello spazio.

 

Dal 2010 al 2019, i ricavi dell’economia spaziale sono cresciuti del 70% fino a raggiungere i 424 miliardi di dollari. Ed entro il 2030 il settore potrebbe valere 1.400 miliardi di dollari, secondo Bank of America. Matthew Weinzierl, economista della Harvard Business School, stima che il 95% di questo business proverrà da quelle che lui chiama applicazioni “spazio per la Terra”: in altre parole, “Satelliti, specialmente nell’orbita terrestre bassa, che fanno cose per noi, che si tratti di Gps, telecomunicazioni o osservazione della Terra”.

Eppure, le ambizioni degli imprenditori spaziali non si fermano qui. Virgin Galactic e Blue Origin, società di missilistica dei miliardari Richard Branson e Jeff Bezos, sono sul punto di inviare i loro primi passeggeri paganti in viaggi suborbitali. Axiom Space, startup con sede in Texas, sta pianificando di spingere un equipaggio privato verso la Stazione Spaziale Internazionale, in una capsula SpaceX, al costo di 55 milioni di dollari ciascuno. Yusaku Maezawa, magnate della moda giapponese, si è iscritto al primo volo turistico di SpaceX intorno alla Luna previsto per il 2023.

Il problema dei rifiuti

Tutto ciò solleva però interrogativi sul sovraffollamento dello spazio. Lo spazio già pullula di satelliti e frammenti di spazzatura delle missioni passate. Milioni di detriti sono sospesi a bassa quota, rendendo le collisioni sempre più probabili.

 

Ci sono però diversi modi per prevenire l’aumento dei detriti orbitali. “La soluzione in questo momento è che tutti i nuovi satelliti escano dall’orbita quando sarà il momento, in modo che non causino più problemi”, dice Weinzierl.

 

Quelli nell’orbita bassa possono essere portati nell'atmosfera terrestre, dove bruciano, piuttosto che essere gettati alla deriva. Ma alla lunga serviranno altre risposte. Alcune startup stanno cercando di abbattere i pezzi più grandi di scarto. Altri vogliono rifornire i vecchi satelliti per prolungare la loro vita. McCann è fiducioso: “I detriti sono una grande sfida su cui dobbiamo agire, ma stanno venendo fuori un’intera gamma di soluzioni davvero entusiasmanti”.

 

Un altro problema è la regolamentazione. Il principale trattato internazionale che regola lo spazio ha più di mezzo secolo e non è al passo con i tempi. Il risultato è che i singoli Paesi alla fine regolamentano autonomamente le proprie società. E ogni nazione è teoricamente responsabile di ripulire la sua spazzatura, ma in pochi lo fanno. Questo, dice il professor Weinzierl, dovrà cambiare se l’economia dello spazio a bassa orbita vuole prosperare.

 

“La sfida più grande è che i Paesi facciano esplodere intenzionalmente i propri satelliti”, sostiene Marshall. Cina e India hanno abbattuto i propri satelliti nei test missilistici e la Russia ha sperimentato armi antisatellite. Queste decisioni devono essere prese prima che i governi pensino a questioni più difficili, come chi ha i diritti per l’estrazione sulla Luna o sugli asteroidi.