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Megatrend

La verità sull’impronta ambientale dell’umanità

Febbraio 2020

Sono passati dieci anni dal giorno in cui è caduto il velo che nascondeva la portata dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, ma quanto siamo consapevoli dei limiti del nostro pianeta?

Tällberg, Svezia, 2010. Un gruppo di scienziati si riunisce con un progetto ambizioso e mai realizzato prima: creare un modello che quantificasse in modo preciso e dettagliato l’impronta dell’uomo sull’ambiente. Ci è voluto qualche mese, ma gli sforzi dei ricercatori sono stati ripagati e ci hanno consentito di comprendere la portata delle minacce che ogni giorno l’umanità pone agli equilibri naturali che ne sorreggono l’esistenza. Oggi governi, imprese e investitori di tutto il mondo agiscono sulla base del modello dei “limiti planetari”.

Come funziona il modello dei limiti planetari?

Ciò che ha permesso al modello di rivoluzionare il nostro approccio ambientale è la sua precisione. Lo schema individua nove fenomeni considerati più dannosi per l’ambiente, tra cui i cambiamenti climatici e lo sfruttamento delle fonti di acqua dolce e del suolo. Per ciascuno di questi fenomeni è stabilita una soglia numerica che, se superata, è in grado di provocare danni potenzialmente irreversibili ai sistemi biofisici del pianeta. Da quando è stato elaborato il modello, quattro dei nove limiti sono stati oltrepassati.

Il nostro pianeta è malato

Secondo Sarah Cornell, a capo di un team di ricercatori del Centro di Resilienza di Stoccolma, il merito principale del modello dei confini planetari è quello di aver permesso di quantificare l’effetto dei cambiamenti ambientali. In questo modo è stato colmato un vuoto importante nella governance ambientale a livello globale: quantificare il problema è un presupposto fondamentale per comprenderne l’entità e per poter agire di conseguenza. Il nostro Pianeta è malato, prosegue la ricercatrice, e il sistema dei limiti planetari è il termometro che ne misura la temperatura.

Delle quattro soglie violate, quella che più preoccupa Cornell è la perdita di biodiversità. Oggi, infatti, il ritmo di perdita delle specie è 100 volte superiore a quello ottimale, pari a meno di dieci estinzioni per milione di specie all’anno. Secondo le stime OCSE, vengono investiti circa 500 miliardi di dollari all’anno in attività che portano alla perdita di biodiversità, come l’estrazione di combustibili fossili e i sussidi agricoli. Gli investimenti volti a proteggere la biodiversità, per contro, ammontano a soli 39 miliardi di dollari.

Non solo cambiamenti climatici

Secondo Sarah Cornell, i problemi che il modello dei limiti planetari mette in evidenza possono e devono essere affrontati con un impegno a tutto tondo. Se fino a qualche anno fa il mondo poteva permettersi di concentrarsi solo sui cambiamenti climatici, oggi non è più così.

Nel nuovo decennio il problema ambientale è più urgente che mai, ma sono aumentati anche i segnali positivi. Il dialogo è aperto a ogni livello, dai governi alle ONG, passando per il mondo accademico e quello aziendale. Senza dimenticare il ruolo cruciale dei consumatori, che con le loro scelte di acquisto sempre più spesso scelgono di premiare le aziende sostenibili, incoraggiandole così a incrementare ancora di più i loro standard ambientali.