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Megatrend

La rivoluzione dell’acqua in Cina

Giugno 2020

Il Dragone sta mostrando al mondo come risolvere i problemi legati alle risorse idriche grazie all’intelligenza artificiale, alle città spugna e alla redistribuzione delle responsabilità.

Da più di un decennio la Cina studia metodi innovativi per porre fine alle devastanti alluvioni e all’inquinamento, fattori che hanno a lungo frenato lo sviluppo economico del Paese. Grazie agli straordinari passi in avanti, il colosso asiatico è oggi leader mondiale delle tecnologie idriche e un esempio per il resto del mondo.

La città spugna

In passato l’urbanizzazione, l’interramento di laghi e zone umide e l’utilizzo di materiali da costruzione impermeabili hanno compromesso i suoli in grado di assorbire l’acqua piovana nelle città al punto da provocare una serie di gravi inondazioni.

In risposta il Governo cinese ha deciso di reinventare le aree urbane trasformandole in “città spugna” provviste di zone umide artificiali, giardini sui tetti, pavimentazioni permeabili in grado di immagazzinare l’acqua piovana e giardini pluviali. Per un costo stimato di 1.600 miliardi di yuan, l’ambizioso obiettivo è far sì che il sistema garantisca l’assorbimento dell’80% e il riutilizzo del 70% delle acque piovane.

Robotica e intelligenza artificiale

I progressi raggiunti dalle aziende cinesi nella robotica, nell’intelligenza artificiale e nell’analisi dei big data hanno dato il loro contributo anche allo sviluppo del settore idrico.

Tra i successi più notevoli c’è quello della Dadu River Hydropower Development Company di Chengdu, che opera con sistemi e tecnologie in anticipo di un decennio rispetto a qualsiasi altra azienda nel resto del mondo. La società si occupa della gestione di 28 dighe idroelettriche sul fiume Dadu e sfrutta l’intelligenza artificiale per determinare la quantità di acqua da convertire in energia, attraverso l’incrocio dei dati sulla domanda e sulle capacità idrologiche, economiche e della rete.

Anche la robotica è sempre più importante: i caschi dei lavoratori contengono speciali sensori che rilevano e trasmettono i dati a un sistema centrale, mentre all’interno delle dighe vengono utilizzati robot che raccolgono le informazioni.

Un successo ottenuto grazie anche ai "capi del fiume"

A contribuire ai progressi del Paese è stata anche la nuova modalità di ripartizione delle responsabilità nella gestione delle risorse attraverso il sistema dei “capi del fiume”, ossia persone specificamente individuate come responsabili per una determinata area fluviale.

Il sistema è stato testato per la prima volta nel lago Tai, inquinato da alghe che minacciavano la disponibilità di acqua potabile per oltre 5 milioni di persone e ha portato a miglioramenti notevoli: secondo Greenpeace East Asia la percentuale di acque superficiali adatte all’uso umano nella provincia è migliorata dal 35,5% nel 2011 al 63,9% nel 2016. Oggi il sistema dei capi dei fiumi è adottato a livello nazionale, con quattro livelli di competenze per villaggi, contee, città e province.

Secondo le previsioni degli esperti, la Cina potrebbe riuscire a risolvere i propri problemi di inquinamento idrico e atmosferico nell’arco del prossimo decennio, correndo a un ritmo che finora ha visto i Paesi occidentali rimanere sempre più indietro.