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Guarderemo indietro nel 2019 come l’anno in cui il mondo si è finalmente accorto della crisi ambientale. L’emergenza è reale. Dagli studenti ai politici, tanti ormai stanno affrontando la questione delle emissioni di carbonio con rinnovata determinazione.
Ma concentrarsi esclusivamente sulla riduzione dell’impronta di carbonio rischia di ignorare un’altra catastrofe imminente: l’esaurimento delle nostre risorse idriche. Oltre 2 miliardi di persone vivono già in Paesi che soffrono di stress idrico elevato. In dieci anni, 700 milioni di persone potrebbero non esistere più a causa di un’intensa scarsità d’acqua.
Questo, chiaramente, non è sostenibile. Non solo dobbiamo consumare meno acqua, ma anche diventare più efficienti con quella che utilizziamo. E l’industria è fondamentale per muoversi in questa direzione, dice David Lloyd Owen, analista politico, autore e amministratore delegato della società di consulenza Envisager. “A livello globale, le aziende sono responsabili di circa il 20% dell’acqua utilizzata dall’umanità. Quindi hanno un ruolo importante da svolgere”, afferma.
Misurare e confrontare il consumo di acqua in tutti i settori è un primo passo fondamentale per un mondo più efficiente dal punto di vista idrico. Molto lavoro è ancora necessario, ma gli sforzi sono in corso.
Uno strumento utile è il Framework Planetary Boundaries (PB). Sviluppato dallo Stockholm Resilience Centre nel 2009, il modello tenta di misurare l’impronta ambientale dell’umanità su nove dimensioni, una delle quali è l’uso dell'acqua. Secondo questo modello, possiamo consumare fino a 4.000 miliardi di metri cubi di acqua dolce all’anno senza danneggiare il pianeta, sostanzialmente in linea con l’attuale utilizzo. Ma entro il 2030, la domanda mondiale di acqua dovrebbe raggiungere 6.900 miliardi di metri cubi, superando di gran lunga le forniture accessibili. Affinché il mondo rimanga entro i confini del PB, la ricerca mostra che le aziende non dovrebbero usare più di 52.915 metri cubi di acqua per ogni milione di dollari di entrate che generano.
Un diverso tipo di misura dell’uso dell’acqua proviene dalle Nazioni Unite, dove si osserva invece la quantità di attività economica lorda a valore aggiunto che un’azienda (o un’industria o un Paese) genera per unità di acqua consumata. Questa metrica – nota come Water use efficiency (WUE) – è stata utilizzata dall’Onu per stilare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), che mirano a garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienico-sanitari per tutti.
Ma prima che i punteggi WUE possano essere utilizzati per individuare sprechi, o anche come base per obiettivi idrici ufficiali, è importante assicurarsi che siano veramente comparabili e riflettano realmente l’uso dell’acqua di ciascuna azienda. Per ora, però, le WUE variano ampiamente sia tra i settori sia tra le aziende dello stesso settore.
Il settore della birra, ad esempio, è un grande utilizzatore d’acqua. Nel complesso, l’industria produce circa 1,9 miliardi di ettolitri di birra all’anno e, dalla coltivazione al consumo, utilizza almeno 60 volte in più di acqua nel processo produttivo. Eppure nel settore vi sono enormi variazioni nel consumo di acqua da un produttore di birra a un altro. Il problema è che mentre un produttore di birra con il punteggio migliore è chiaramente più avanzato sul percorso di efficienza idrica, è attualmente difficile condurre un confronto equo poiché i calcoli possono variare ampiamente, tenendo ad esempio in considerazione diversi criteri d’uso dell’acqua. Ad esempio, un’azienda può include l’acqua necessaria per produrre le materie prime che utilizza, mentre un’altra include solo l’acqua consumata direttamente. “Perché i dati siano significativi, le aziende devono analizzare il loro consumo di acqua attraverso l’intera catena di produzione, cosa che molti attualmente non fanno”, dice David Lloyd Owen.
Un tipico rivenditore di abbigliamento, ad esempio, utilizzerà direttamente relativamente poca acqua. Tuttavia, ciò ignora il fatto che il cotone, da cui sono realizzati i capi, necessita di molta acqua. Solo una maglietta utilizza 2.700 litri di acqua prima ancora di essere indossata. Guardare all’azienda da sola non solo minimizza il ruolo che può svolgere nell’efficienza globale dell’acqua (in questo caso sollevando il problema con i propri fornitori), ma anche la misura in cui potrebbe essere influenzata negativamente in caso di shock idrico.
Essere efficienti nell’acqua significa usare meno, ma anche riutilizzare di più. In altre parole, le industrie del mondo devono adottare un approccio di economia circolare, per trattare le acque reflue come una risorsa piuttosto che come qualcosa da smaltire. Il monitoraggio dei processi in tempo reale e il controllo dell’uso dell’acqua sono particolarmente importanti per raggiungere tale obiettivo in quanto consentono alle aziende di sviluppare i processi di produzione tenendo conto dell’efficienza idrica.
Alcune industrie usano chiaramente più acqua di altre, e quindi hanno più possibilità di spingere il cambiamento e trarre benefici associati. I sistemi intelligenti di monitoraggio e gestione delle acque potrebbero essere strumenti chiave per l’efficienza idrica industriale.
Le imprese che non abbracciano l’efficienza idrica affrontano un aumento dei rischi non solo a causa della carenza idrica, ma anche dei cambiamenti nella regolamentazione e della crescente consapevolezza delle problematiche ambientali tra i consumatori. Essere più efficienti ha quindi anche un obiettivo finanziario, perché migliorerà la reputazione di un’azienda e ridurrà i suoi rischi legati alla fornitura di acqua, sia che si presentino sotto forma di multe o difficoltà di produzione.
La scarsità d’acqua è un grave problema quanto le emissioni di carbonio. È tempo che il mondo degli affari se ne renda conto prima che sia troppo tardi.
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