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Macroeconomia

G20 del Giappone inquinamento e clima in cima all’agenda dei leader

Luglio 2019

A Osaka lanciato il programma per eliminare i rifiuti plastici nel mare entro il 2050 e confermati gli accordi di Parigi del 2015 ma gli USA hanno confermato di non aderire al taglio delle emissioni di CO2.

Niente plastica a Osaka e, si spera, nemmeno nel futuro del nostro pianeta. Il G20 tenutosi il 28 e il 29 giugno nella seconda città del Giappone non ha trattato solo tematiche come economia globale, commercio e investimenti, innovazione, ambiente ed energia, occupazione, promozione femminile, sviluppo e salute. Ha anche voluto lanciare un messaggio concreto eliminando le bottiglie, i piatti e i bicchieri dalle tavole dei leader mondiali, sostituendoli con materiali riutilizzabili.

La plastica nei mari è (ufficialmente) un problema reale

Non che non lo sapessimo, ma finalmente la questione degli scarti plastici nei mari e negli oceani è stato riconosciuto ufficialmente come un tema che impatta tutti i Paesi coinvolti. Durante l’incontro è stato lanciato Osaka Blue Ocean Vision, il progetto su scala planetaria per azzerare l’inquinamento nei mari entro il 2050. La data non è casuale: secondo gli studi ENEA, se proseguiamo con questo ritmo di inquinamento nel 2050 avremo più plastica che pesci nei nostri oceani, e per la World Bank vedremo un aumento della plastica del 70% nei prossimi 30 anni. È stato significativo che questo messaggio sia arrivato proprio dal Giappone alla sua prima volta come presidente del G20: dopo gli Stati Uniti, è il secondo produttore di rifiuti plastici del mondo e infatti proprio questi due Paesi, nell’ultimo G7, si erano rifiutati di firmare l’accordo per riutilizzare e riciclare tutta la propria plastica entro il 2030.

Confermati gli accordi di Parigi del 2015…

Dai problemi climatici a quelli energetici il passo è breve secondo gli USA, come si legge nel comunicato pubblicato alla fine della conferenza: “gli Stati Uniti ribadiscono la propria decisione di recedere dall’accordo di Parigi perché ciò svantaggia i lavoratori e i contribuenti americani. Gli Stati Uniti ribadiscono il loro forte impegno a promuovere la crescita economica, l’accesso e la sicurezza dell’energia e la tutela ambientale”. Inoltre, hanno fatto notare dall’entourage di Trump, gli Stati Uniti hanno tagliato le emissioni di anidride carbonica del 14% tra il 2005 e il 2017, vedendo la propria economia crescere nello stesso tempo del 19,4%.