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Circular Economy

Economia circolare: Italia tra i leader europei ma si può fare ancora molto

Dicembre 2018

L’economia circolare in Italia fattura 88 miliardi di euro l’anno. Ma servono ancora interventi legislativi ad hoc.

Un sistema economico che si rigenera da solo. È questo il fine ultimo dell’economia circolare, che promuove un uso efficiente delle risorse. E l’Italia è leader in Europa nella circolarità, come emerge dallo studio “L'Economia circolare in Italia – la filiera del riciclo asse portante di un’economia senza rifiuti”, commissionato ad Ambiente Italia dai consorzi nazionali per il riciclo.

 

I dati economici che emergono ne sono la prova. Secondo lo studio, l’economia circolare in Italia fattura 88 miliardi di euro l’anno, garantendo lavoro a quasi 600mila italiani. I consorzi della filiera del riciclo riuniti nel sistema Conai, ovvero Cial (alluminio), Comieco (carta e cartone), Corepla (plastica) e Ricrea (acciaio), hanno avviato a riciclo nel 2017 quasi nove milioni di tonnellate di rifiuti – corrispondenti al 67,5% dei rifiuti di imballaggio prodotti nel nostro Paese. È un dato in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente.

 

In Italia i target previsti al 2025 dal Pacchetto di Direttive dell’Ue sull'economia circolare sono stati raggiunti per quasi tutti i materiali. Da anni ormai il tasso di riciclaggio dei rifiuti è diventato importante e fra i più alti del mondo: circa il 45% dei rifiuti urbani ed il 65% dei rifiuti speciali viene avviato a recupero, prevalentemente di materia. Con delle differenze territoriali e settoriali ancora evidenti, però: il Sud ricicla meno del Nord; e alcune filiere del riciclo sono mature, altre necessitano ancora di sostegno e miglioramenti tecnologici, come il comparto dei polimeri plastici e della frazione organica.

 Ad aprile 2018, l’approvazione del pacchetto europeo sull'economia circolare ha rappresentato l'avvio di un modello di sviluppo nuovo. Tecnicamente, si tratta di una revisione di quattro direttive sulla gestione dei rifiuti che dovrà poi essere adottate dai Paesi membri entro due anni. In base alla nuova norma, almeno il 55% dei rifiuti urbani domestici e commerciali dovrà essere riciclato. L’obiettivo salirà al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. Il 65% dei materiali da imballaggio dovrà invece essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030.

 

Con un tasso di circolarità al 18,5%, l’Italia si piazza al secondo posto in Europa, dopo l’Olanda. A livello di produttività delle risorse, per ogni chilogrammo di risorsa consumata generiamo 4 euro di Pil, contro il 2,4 della media europea. Ma paghiamo ancora il peso di un sistema impiantistico insufficiente a gestire tutto il ciclo dei rifiuti urbani speciali. E il blocco della Cina ai rifiuti esportati dall'Europa ci ha posto il tema di rivedere le nostre politiche in materia, sia nazionali che europee.

 

Molti scarti, che oggi escono dal sistema produttivo, potrebbero restare al suo interno con un concreto vantaggio per la collettività e per le imprese. Servono interventi legislativi da parte dello Stato mirati a chiudere le filiere e definire con precisione il prodotto riutilizzabile nei processi produttivi. Quanto al riutilizzo dei rifiuti industriali, come chiede Legambiente, servirebbero invece nuovi impianti. Infine, ma non meno importante, occorre poi incentivare il mercato degli acquisti verdi. Gli enti pubblici già ora sono obbligati ad acquistare materiali riciclati in una certa percentuale. Si può fare ancora di più.