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Economia e finanza

Pictet Fiver Maggio 2019

Maggio 2019

Dalle decisioni di politica monetaria di Fed e Bce alle conseguenze delle elezioni europee fino alla guerra commerciale Usa-Cina all’Ipo di Uber e all’avvicinamento tra Fca e Renault.

Politiche monetarie “pazienti” e guerre commerciali in corso. E, per non farsi mancare nulla, anche le elezioni europee nel vecchio continente che ha visto rallentare la sua crescita economica. Con qualche novità importante in Borsa. Ecco i cinque principali fatti economico-finanziari del mese di maggio.

Tassi invariati

 A inizio maggio, la Federal Reserve ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse negli Stati Uniti, chiedendo ancora una volta “pazienza” per decifrare le prospettive dell’economia americana prima di qualunque modifica di politica monetaria. Calma piatta anche dalla Banca centrale europea: dai verbali dell’ultima riunione emerge l’intenzione di mantenere una politica monetaria accomodante di supporto alla crescita contenuta dell’Eurozona. I tassi, quindi, anche da questa parte dell’Oceano restano inalterati, almeno fino a fine 2019. 

Guerra commerciale

Dopo la decisione del presidente statunitense Donald Trump di imporre nuovi dazi sulle merci cinesi, la Cina ha risposto alzando a sua volta le tariffe sulle importazioni dagli Stati Uniti. Il prossimo incontro tra i due Paesi dovrebbe avvenire in concomitanza con il G-20 in Giappone di fine giugno. Ma a rendere ancora più complicata la situazione è stato l’inserimento del colosso cinese del tech Huawei in una lista nera di compagnie con le quali viene vietato alle aziende domestiche Usa di effettuare scambi. Decisione a seguito della quale Google ha già interrotto le collaborazioni con Huawei. Intanto, il dato sulla produzione industriale cinese, anche a causa della guerra dei dazi, è stato più basso delle aspettative, facendo pensare a nuove possibili misure di stimolo da parte di Pechino. 

La nuova Europa

Un maggio turbolento per il vecchio continente. Il 26 maggio si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, uscitone più diviso di prima nonostante l’ascesa dei partiti nazionalisti sia stata contenuta. Qualche giorno prima del voto, la premier britannica Theresa May ha annunciato le dimissioni per il 7 giugno. Intanto le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue sono tutt’altro che rosee: il rallentamento della crescita globale e del commercio mondiale, insieme all’elevata incertezza sulle politiche commerciali, incidono negativamente sulle prospettive di crescita del prodotto interno lordo nel 2019 e nel 2020. Un altro fattore è rappresentato dalla persistente debolezza del settore manifatturiero, soprattutto nei Paesi che devono affrontare problemi specifici nell’industria automobilistica. Il Pil reale aumenta in tutti gli Stati membri, ma l’Italia è fanalino di coda. 

Occhio alla Borsa

Uber, la società di mobilità conosciuta per il suo servizio a metà tra i taxi e il noleggio di auto con autista, si è quotata a Wall Street, collocando sul mercato 180 milioni di azioni fissandone il prezzo a 45 dollari ciascuna e raccogliendo 8,1 miliardi di dollari. Tra le società di tecnologia, in precedenza avevano fatto meglio solo il sito cinese di e-commerce AliBaba, con 26 miliardi, e Facebook, con 17 miliardi. Novità importanti anche sul fronte automotive, dopo che Fca ha presentato a Renault una proposta di aggregazione paritetica, che porterebbe alla nascita del terzo più grande costruttore di auto al mondo. Anche Nissan ha aperto all’idea. La nascita del colosso potrebbe facilitare anche altre operazioni di acquisizione internazionale come il dossier Fincantieri-Stx. E i mercati hanno premiato i titoli coinvolti. 

Oro nero

Si è tenuto a Houston l’International Petroleum Summit. Ma il peggioramento del conflitto commerciale ha pesato sulle prospettive di crescita globale, spingendo verso il basso il prezzo del petrolio. Sullo sfondo i tagli alla produzione da parte dell’Opec e dei suoi alleati in scadenza alla fine di giugno, ma l’accordo potrebbe essere esteso per l’altra metà dell’anno. Intanto l’export di greggio da Iran e Venezuela non smette di diminuire. E in altre aree geografiche – dalla Libia all’Iraq al Golfo Persico – il rischio per le infrastrutture petrolifere si fa ogni giorno più grave a causa di disordini e attentati.