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Mercati

Transizione ecologica: Recovery Plan e idrogeno

Maggio 2021

Gli obiettivi europei e gli investimenti italiani puntano all’idrogeno “verde”.

Il capitolo dedicato a “La rivoluzione verde e la transizione ecologica” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Recovery Plan), stilato dal governo Draghi, vale 59,33 miliardi di euro. Di questi, 23,78 miliardi saranno destinati all’incremento della filiera delle energie rinnovabili in agricoltura, alla promozione di impianti innovativi, al trasporto locale sostenibile, alla dotazione di accumulatori per stoccare l’energia in eccesso e alla rete intelligente per gestire i flussi energetici. E qui, c’è anche il dossier dell’idrogeno, che assorbe 3,19 miliardi, di cui 2 miliardi per la riconversione delle imprese energivore (acciaierie, cementifici, etc.), 160 milioni per la ricerca, 500 per la produzione di idrogeno in aree industriali, 530 per la sperimentazione nel trasporto stradale e ferroviario. Poi ci sono altri 450 milioni a parte che andranno a finanziare lo sviluppo tecnologico nelle filiere di transizione verso l’idrogeno.

I diversi colori dell'idrogeno

L’Unione europea ha messo la produzione di idrogeno fra le tappe necessarie per la decarbonizzazione del Continente entro il 2050. Le cose però non sono così semplici, perché l’idrogeno non è disponibile in natura. Per ricavarlo, richiede processi industriali che consumano tanta energia. Poi va trasportato, raffreddato a -250 gradi per renderlo liquido, mentre a livello gassoso va sottoposto a pressioni che arrivano a 700 atmosfere.

 

Oggi nel mondo si producono 73,9 milioni di tonnellate di idrogeno per un valore di mercato di 150 miliardi di dollari. Il 96% arriva da combustibili fossili: questo si chiama idrogeno “grigio” e per produrlo si utilizza soprattutto il metano, ma anche petrolio e carbone. Un processo che libera 9 chilogrammi di CO2 ogni chilogrammo prodotto: quindi questo processo è incompatibile con gli obiettivi di emissioni zero. Poi c’è l’idrogeno “blu”, estratto da idrocarburi fossili dove – a differenza del “grigio” – l’anidride carbonica che risulta dal processo non viene liberata nell’aria bensì viene catturata e immagazzinata. Su questo sono in corso molte sperimentazioni non sempre soddisfacenti, ma resta il fatto che utilizzare combustibile fossile per trasformarlo in idrogeno, e sotterrare la CO2 prodotta, richiede una enorme quantità di energia.

 

L’unico idrogeno a zero emissioni è quello “verde”, perché la materia prima utilizzata è l’acqua e l’energia per produrlo è elettrica e può provenire da fonti rinnovabili. Oggi però l’idrogeno verde rappresenta solo il 4% della produzione dell’idrogeno mondiale, soprattutto perché il costo per produrlo è alto: dai 4 ai 6 euro per un chilogrammo di idrogeno verde, contro l’1,5-2 di quello grigio o blu.

I programmi europei

La Commissione europea prevede che con l’aumento della produzione il costo degli elettrolizzatori, i macchinari per produrre idrogeno dall’acqua, si dimezzerà entro il 2030 e nel 2040 l’idrogeno verde potrebbe diventare competitivo.

 

Per arrivare a emissioni di carbonio zero nel 2050, l’8 luglio 2020 l’Ue ha stabilito che la produzione di idrogeno verde dovrà passare in 30 anni dal 2% al 14% in tre tappe: entro il 2024 l’installazione di 6 gigawatt di elettrolizzatori per produrre 1 milione di tonnellate di idrogeno verde; entro il 2030 almeno 40 gigawatt di elettrolizzatori e 10 milioni di tonnellate; entro il 2050 un quarto di energia rinnovabile generata servirà a produrre idrogeno verde da utilizzare su larga scala.

Idrogeno: la situazione in Italia

Francia e Germania hanno varato piani di ricerca sull’idrogeno da quasi 10 miliardi di euro. E anche l’Italia è entrata nella Alleanza europea per l’idrogeno, che riunisce industria, autorità pubbliche nazionali e locali e società civile. Ma il percorso è lungo.

 

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha affermato in un’intervista: “Non possiamo perdere il treno dell’idrogeno, e infatti destineremo 3,4 miliardi del Pnrr a questo settore. Ma la verità è che non siamo pronti: se degli extraterrestri sbarcassero sulla Terra con tutto l’idrogeno dell’Universo, non sapremmo cosa farcene, non sapremmo come stoccarlo, come trasportarlo, come utilizzarlo. E comunque per produrre idrogeno, cioè per estrarlo dall’acqua, ci vuole energia: sarebbe paradossale usare i combustibili fossili per fare l’idrogeno. Anche per questo è cruciale accelerare sulle fonti rinnovabili: quando supereremo la soglia del 70% potremo usarle anche per fare idrogeno”. Ma “Perché l’idrogeno diventi un vettore energetico diffuso nella società ci vorranno tempi più lunghi. Succederà quando saremo diventati molto bravi a produrre energia da fonti rinnovabili”.

 

Sempre Cingolani in un’altra intervista spiega: “In Italia, se vogliamo partire subito con l’idrogeno, dobbiamo dire sì all’idrogeno blu. Se vogliamo l’idrogeno verde, ci servono subito 70 nuovi gigawatt di rinnovabili. Altrimenti, dobbiamo trovare altri modi. È una scelta politica, deciderà il Parlamento”.