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Al tavolo della crisi c'è un nuovo convitato: l'inflazione. Il rialzo dei prezzi sta agitando i mercati, con le orecchie tese per ascoltare le parole dei banchieri centrali. L'allarme parte dalla probabilità che una fiammata inflazionistica – nutrita da una ripresa più rapida del previsto – possa convincere BCE e Fed ad anticipare il rialzo dei tassi, condizionando il consolidamento della ripresa post-COVID e modificando l'allocazione delle risorse.
La politica espansionistica delle Banche Centrali, mirata a inondare di liquidità il sistema economico per tamponare la crisi, ha ridotto i rendimenti delle obbligazioni ai minimi storici e convinto gli investitori a puntare sulle azioni per ottenere un ritorno maggiore. Se l'inflazione allarmasse le Banche Centrali, la prospettiva di una stretta anticipata potrebbe invertire la rotta e riportare gli occhi sul mercato obbligazionario (come già è successo nelle ultime settimane, con rendimenti dei T-Bond americani e dei Btp italiani in deciso aumento).
Tra i tanti effetti collaterali del COVID-19, c'è una distorsione dei prezzi. Le restrizioni e le incognite sulla tenuta economica hanno fatto crollare i consumi e fatto emergere pressioni deflazionistiche. Il problema potrebbe esserci al momento della ripresa: il recupero, se rapido, potrebbe far aumentare i prezzi a tal punto da convincere le Banche Centrali a intervenire. La soglia da tenere d'occhio è, come sempre, quella dell'inflazione al 2%. Fed e BCE hanno fissato questo paletto come segnale di un rialzo dei prezzi sano: se è più bassa, si tende ad assecondare una politica monetaria espansionistica; in caso contrario, potrebbero stringere i cordoni e aumentare il costo del denaro.
Il surriscaldamento dell’inflazione, quindi, agita il mondo finanziario. Sia che si guardino i numeri sia che si badi alle parole delle massime istituzioni di USA e Ue, parlare di preoccupazione sembra però ancora prematuro. Il 2% è una soglia consolidata, ma non priva di flessibilità, soprattutto in un quadro inedito come quello di una crisi economica repentina legata a una pandemia. La Fed, in particolare, sembra orientata a sopportare un’inflazione oltre la soglia, intervenendo solo nel caso in cui la fiammata dovesse stabilizzarsi. Resta infatti da capire se il rialzo dei prezzi sia strutturale o momentaneo. La BCE ha un’idea chiara: “L’inflazione – ha spiegato la presidente Christine Lagarde dopo il consiglio direttivo dell’11 marzo – è aumentata nel corso degli ultimi mesi sulla spinta di fattori temporanei come l’aumento dei prezzi energetici, ma le pressioni di fondo rimangono contenute”. Di conseguenza, "l’outlook dell’inflazione rimane largamente invariato”.
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