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Federal Reserve

La Fed inverte la rotta: verso il taglio dei tassi di luglio

Luglio 2019

La banca centrale statunitense aveva programmato due rialzi nel 2019. Ha prima frenato e adesso sembra decisa a una sforbiciata. Per la gioia di Trump.

Sarà inversione di tendenza. Dopo l'aspro scontro tra il presidente Donald Trump e il numero uno della Fed Jerome Powell (con il primo all'attacco e il secondo impegnato a parare i colpi), mercati e analisti danno quasi per scontato un taglio dei tassi. Nella riunione del Fomc fissata il 30 e 31 luglio, dovrebbe esserci un taglio dello 0,25%. 

La Fed cambia direzione

Gli indizi sono più che chiari. Nella sua testimonianza al Congresso, Powell aveva sottolineato che la strada verso una sforbiciata fosse aperta. È stata la dimostrazione lampante di come fosse mutato l'orientamento rispetto alla fine dello scorso anno. A dicembre la Fed ipotizzava infatti due possibili rialzi dei tassi nel 2019. A gennaio era diventata più cauta, cancellando dall'orizzonte i rialzi ma sostenendo di voler rimanere con tassi bloccati per tutto l'anno. Le difficoltà nei negoziati con la Cina, il perdurare delle tensioni commerciali e le cattive performance di borsa hanno ridefinito il quadro. E da maggio il presidente della Fed ha fatto cenno a “incertezze” e “venti contrari”. Come sempre, ogni parola dei banchieri centrali va soppesata. E quei “venti contrari” sono stati letti come l'anticamera di un taglio. Iniettare liquidità servirebbe a sostenere le imprese statunitensi in un momento in cui l'import-export con Pechino è condizionato dagli screzi geopolitici

Le pressioni di Trump

Formalmente non c'è un legame diretto tra le decisioni della Casa Bianca e quelle della Fed. Ma non si può ignorare la pressione senza precedenti esercitata da Trump nei confronti di Powell. Da mesi il presidente degli Stati Uniti si rivolge a quello della banca centrale con giudizi netti. Ha criticato a lungo la decisione di aumentare i tassi in modo troppo repentino. Una strategia definita “folle”. Alla fine di giugno (cioè pochi giorni prima dell'audizione di Powell al Congresso), quando la Bce ha deciso di proseguire nella sua linea accomodante, Trump è arrivato a dire che “alla Fed ci vorrebbe Draghi”, che Powell “non sta facendo un buon lavoro” e che il presidente Usa dovrebbe avere “il diritto di licenziare”. Il parere della Casa Bianca, quindi, è chiaro. E a sostenere l'ipotesi taglio c'è stata anche la reazione delle borse: ogni parola di Powell che ha lasciato intravedere la possibilità di una riduzione dei tassi è stata festeggiata con un rialzo degli indici.