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Al centro della scena del G20 di Osaka, in Giappone, ci sono stati loro due: il presidente Usa Donald Trump e quello cinese Xi Jinping. Protagonisti di quella guerra commerciale che è tra le principali cause del rallentamento dell’economia globale, tra dazi reciproci e il caso Huawei. Tanto che il premier giapponese Shinzo Abe in apertura ha lanciato l’allarme: “Prevalgono i rischi al ribasso per l’economia”.
L’atteso incontro tra i due ha portato, poi, nonostante le voci belligeranti pre-vertice, a un accordo di massima sull’impegno americano a non imporre nuovi dazi all’export cinese e sul riavvio dei colloqui per trovare soluzioni eque alle vertenze commerciali ed economiche. Con una marcia indietro importante da parte di Trump al blocco che aveva imposto su Huawei: il commercio delle tecnologie del colosso cinese sarà concesso in settori in cui non ci sono rischi per la sicurezza degli Usa.
I Paesi non possono svilupparsi “a porte chiuse”, aveva detto alla vigilia del meeting il presidente Xi Jinping. “Una governance dei dati efficace non dovrebbe solo facilitare l’applicazione dell’analisi di raccolta e il flusso di dati, ma anche rispettare il diritto all’autogestione per tutti i Paesi”. Secca la risposta di Donald Trump sulla necessità di “assicurare resilienza e sicurezza delle nostre reti 5G. Questo è essenziale per la nostra sicurezza e prosperità condivise”.
L’escalation delle tensioni sul commercio tra Usa e Cina è stato tra i temi di massima preoccupazione al G20. E la ripresa dei colloqui rappresenta una nuova speranza per la ripresa dell’economia globale, schiacciata dai contrasti geopolitici.
Resta invece ancora al palo un accordo di tutti big sul clima e l’ambiente. Tutti i membri del G20, esclusi gli Stati Uniti, hanno riaffermato l’impegno alla “piena attuazione” dell’accordo firmato nel 2015 a Parigi per la lotta al cambiamento climatico. I 19 firmatari riconoscono “l’irreversibilità” dell’accordo. Ma anche quest’anno gli stati Uniti si sono tirati fuori.
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