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Come l'antica Via della Seta, ma con una potenza economica enorme. Questa è la Belt & Road Initiative. Al di là delle differenze tra l'attuale piano strategico e le antiche vie terrestri e fluviali, l'obiettivo di fondo è lo stesso: collegare – soprattutto dal punto di vista commerciale – l'Europa e l'Africa orientale con la Cina.
La Belt & Road Initiative è un progetto strategico che fa capo a Pechino, nato con l'obiettivo di stringere – all'interno di un quadro comune – accordi con i singoli Stati e con le loro aziende. Per quanto l'accostamento all'antica Via della Seta sia suggestivo, il “collegamento” non è tanto fisico e infrastrutturale quanto commerciale e industriale.
Gli accordi sono variegati e coprono diversi settori, dalla tecnologia all'agricoltura fino alla cultura e ai media. Il Piano ha dimensioni ciclopiche, tanto da rendere evidenti – oltre alle ricadute economiche – anche gli effetti geopolitici. Costruire una via preferenziale con l'Europa significa incentivare i Paesi dell'Ue a rivolgere lo sguardo verso Est, a scapito del tradizionale legame atlantico. Non è un mistero, infatti, che la Cina stia competendo per la leadership mondiale con gli Stati Uniti.
Nel 2019, l'Italia è stato il primo Paese dell'Ue a firmare un accordo facente capo alla Belt & Road Initiative. Si è trattato di un memorandum, quindi un quadro spesso da rifinire con incontri e intese successive. Nel memorandum erano inclusi 29 accordi, dieci fra aziende private italiane e cinesi e 19 istituzionali, dal valore complessivo di 7 miliardi di euro.
Buona parte degli accordi, quindi, è di natura istituzionale, cioè firmata da ministeri ed enti pubblici. Riguardano, tra le altre cose, la collaborazione tra startup innovative, la cooperazione nell'e-commerce e nel settore sanitario. Si punta anche a “eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e prevenire le evasioni e le elusioni fiscali”.
In ambito storico-artistico, l'intesa mira a “prevenzione furti, scavi clandestini, importazione, esportazione, traffico e transito illecito di beni culturali”. Ecco perché l'accordo prevede anche la restituzione di 796 reperti archeologici appartenenti al patrimonio culturale cinese. I due Paesi si impegnano nella “promozione, conservazione, conoscenza, valorizzazione e fruizione dei siti italiani e cinesi iscritti nelle Liste del Patrimonio Mondiale dell’Unesco”.
Ci sono anche “l'intesa tra l’agenzia Spaziale Italiana e la China National Space Administration” e un “accordo sul servizio Italiano Ansa-Xinhua e un memorandum di intesa tra Rai e China Media Group”.
Tra i dieci accordi tra imprese private, buona parte riguardano il settore energetico, come l'intesa tra Ansaldo Energia e China United Gas Turbine Technology o come il partenariato tra Eni e Bank of China. Nel campo del commercio internazionale c'è l'accordo tra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale – Porti di Trieste e Monfalcone e China Communications Construction Company. Nel comparto finanziario Cassa depositi e prestiti ha sottoscritto accordi strategici con Bank of China.
Se alcune evoluzioni successive al 2019, come l'introduzione in Italia del golden power, sembrano limitare i margini di manovra in settori come le reti, tra gli sviluppi più consistenti in ambito Belt & Road Initiative c'è stato l'investimento da un miliardo nella cosiddetta “Motorvalley” emiliana: il 3 maggio Silk-FAW, la joint venture tra Silk EV, società internazionale di ingegneria e design automotive, e FAW, uno dei maggiori produttori automobilistici cinesi, ha annunciato che il nuovo sito produttivo di auto elettriche di alta gamma verrà realizzato nella frazione di Gavassa, nel comune di Reggio Emilia.
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