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Economia e finanza

Next Generation Eu: cosa prevede e perché rende l'Europa più solida

Dicembre 2020

Il pacchetto, noto anche come Recovery Fund, è diviso tra prestiti e sovvenzioni e rappresenta non solo un aiuto finanziario ma anche un accordo politico.

L'annuncio è arrivato il 10 dicembre, con un tweet del presidente del Consiglio europeo Charles Michel: superando i veti, gli Stati membri hanno raggiunto l'accordo sul Next Generation Eu, noto anche come Recovery Fund. Si sblocca così un pacchetto che muove 750 miliardi di euro, disponibili per supportare l'economia degli Stati membri colpiti dal COVID-19 e favorire la loro conversione sostenibile e digitale.

Next Generation Eu: le cifre

I 750 miliardi complessivi si dividono in 390 miliardi di sovvenzioni (cioè risorse a fondo perduto) e 360 miliardi di prestiti (che gli Stati dovranno rimborsare). L'Italia potrà contare su 209 miliardi, suddivisi tra 81,4 miliardi di sussidi e 127,4 miliardi in prestiti.

 

Nel complesso, la maggior parte delle sovvenzioni (312,5 miliardi) è diretto al “Dispositivo per la ripresa e la resilienza”, con il proposito diretto di rilanciare l'economia alle prese con la pandemia. Nei primi due anni (2021-2022), saranno messi a disposizione 218,75 miliardi. La ripartizione tra gli Stati sarà decreto dalla disoccupazione nel periodo 2015-2019, dalla popolazione e dal Pil pro-capite. Gli altri 93,75 arriveranno nel 2023. In questo caso, oltre a popolazione e Pil pro-capite, verrò valutato anche il calo del Pil reale tra il 2020 e il 2021.

Fondi e risorse "di scopo"

Oltre al Dispositivo per la ripresa e la resilienza, Next Generation Eu prevede una serie di interventi in settori e con obiettivi precisi: 47,5 miliardi per REACT-EU (fondo per la coesione); 5 miliardi per Orizzonte Europa; 5,6 per InvestEU (ambiente e salute); 7,5 miliardi per lo sviluppo rurale; 10 miliardi per il Fondo per una transizione giusta e 1,9 miliardi per RescEU (sicurezza e protezione civile).

Un accordo finanziario e politico

Next Generation Eu rappresenta non solo una mobilitazione finanziaria imponente ma un accordo politico senza precedenti. Se altri dispositivi comunitari si basano sui versamenti degli Stati proporzionati al Pil, il Recovery Fund reperirà parte delle somme sul mercato dei capitali tramite l'emissione di titoli Ue (più sostenibili rispetto a quelli dei singoli Paesi in virtù di un rating tripla A). La Commissione ha iniziato a emettere bond europei nel 2010, ma con una differenza notevole: fino a ora erano rivolti a finanziare aiuti agli Stati; questa volta, oltre ai 360 miliardi di prestiti da rimborsare ce ne sono 390 dedicati a precisi capitoli di spesa. Si tratta quindi di bond europei più vicini al concetto di titolo di stato tradizionale, che come tale lega in modo più stretto i Paesi membri.

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Fonte infografica: Pictet AM Italia