ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Ricevi gli ultimi aggiornamenti dal mondo Pictet!

Economia e finanza

Guida al Def

Ottobre 2018

La nota di aggiornamento del Def è l'antipasto della legge di Bilancio. Ecco che cosa prevede e perché è così discussa.

Il governo ha redatto la nota di aggiornamento del Def e sta lavorando alla legge di Bilancio. Ha impresso una netta accelerazione al rapporto deficit/Pil che non è piaciuta all'Europa e ha attirato i fari delle agenzie di rating. Ecco quali sono le cifre in ballo e perché sono così discusse.

Il deficit

La nota di aggiornamento del Def fissa il rapporto deficit/Pil al 2,4%. È il rapporto tra le entrate e le uscite dello Stato con la ricchezza prodotta. Si tratta di un incremento importante rispetto a quanto previsto dal Def di aprile: dello 0,8% rispetto alla proiezione dell'1,6%. La crescita della spesa pubblica dovrebbe toccare il 2,7%, contro un limite raccomandato dall'Ue dello 0,1%. Ecco perché l'Europa parla di una “deviazione significativa” anche se il rapporto deficit/Pil rientra nei limiti del 3%. Anche i governi precedenti si erano avvicinati o avevano oltrepassato il 2,4%, dando però seguito a una tendenza al ribasso mirata a ridurre il deficit per non espandere il debito pubblico.  

Debito pubblico

Non si può valutare il rapporto deficit/Pil senza chiamare in causa il debito pubblico, cioè il debito accumulato dallo Stato nel corso degli anni. La Francia prevede un deficit/Pil superiore, ma ha anche un debito pubblico decisamente inferiore. L'Europa è quindi più rigida con l'Italia, perché il Paese dovrebbe adottare politiche di rientro del debito più massicce. Se il rapporto deficit/Pil aumenta, c'è il rischio che i mercati percepiscano il debitore (l'Italia) come un soggetto meno affidabile. Ecco perché, rispetto a quanto previsto inizialmente, il governo ha aperto a un calo progressivo del deficit, al 2,1% per il 2020 e all'1,8% per il 2021. Segnali di buona volontà che però mantengono intatta la forte deviazione.   

Crescita del Pil

Con una spesa pubblica che lievita, il rapporto deficit/Pil resterebbe entro le cifre indicate dal governo solo in presenza di una crescita consistente. La stima dell'esecutivo prevede nel 2019 un progresso del Pil dell'1,5%. Secondo diverse analisi, dall'Osservatorio sui Conti pubblici della Cattolica all'Ufficio Bilancio della Camera, si tratterebbe di stime troppo ottimistiche. Se si rivelassero tali, il rapporto deficit/Pil lieviterebbe ulteriormente.    

Titoli di Stato

Sulle casse dello Stato può pesare anche lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi di pari durata. Lo spread risponde a diversi “stimoli”: instabilità percepita, tensioni con l'Europa, giudizi delle agenzie di rating. Quando cresce, si traduce in un maggiore esborso per lo Stato, perché deve garantire agli investitori un interesse maggiore sulle risorse che prende in prestito. Le tensioni si stanno facendo sentire, con il differenziale arrampicatosi fino a 325 punti (il 18 ottobre). Moody's ha declassato l'Italia perché “il debito non calerà concretamente nei prossimi anni”. S&P ha confermato la propria valutazione, tagliando però l'outlook da stabile a negativo e sottolineando che “il piano economico del governo rischia di indebolire la crescita”. 
 

Gli effetti dello spread

Se lo spread restasse elevato, gli effetti potrebbero essere diversi. Per lo Stato, le famiglie e le imprese. Lo Stato pagherebbe più interessi e diventerebbe più complicato restare con i conti in ordine (a partire dalla riduzione del debito). Non ci sarebbero effetti sui mutui a tasso fisso già emessi, mentre potrebbero essercene su quelli a tasso variabile nel medio-lungo periodo. Il problema riguarderebbe soprattutto i mutui di nuova emissione. Se il rendimento dei Btp cresce, diminuisce il loro valore, impattando sui bilanci delle banche che li detengono. Con casse meno solide, gli istituti potrebbero peggiorare le condizioni concesse a famiglie e, soprattutto, imprese.  

PictetPerTe_Guida-alla-finanza_Def

Fonte: Pictet AM Italia